Amanda Knox se la prende con la giustizia italiana: “Mi stanno torturando da 17 anni”
“Il sistema giudiziario italiano mi sta torturando da 17 anni". Inizia così lo sfogo di Amanda Knox, condannata a tre anni di reclusione inflitta dalla Corte d'Assise d'Appello di Firenze per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba. A distanza di qualche giorno dal deposito delle motivazioni del verdetto, si scaglia contro i giudici. "È iniziata durante il mio interrogatorio e continua nei tribunali, più di recente nelle motivazioni pubblicate l’8 agosto che spiegano perché mi hanno dichiarato colpevole di diffamazione a giugno", scrive la cittadina USA.
La condanna si riferisce a un memoriale scritto il 6 novembre 2007, in cui la Knox provava a rettificare le sue dichiarazioni riguardanti Lumumba, all'epoca suo datore di lavoro. Il caso fa quindi riferimento alla vicenda giudiziaria per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, avvenuto a Perugia la sera del 1º novembre 2007. Come noto, la donna era stata condannata, insieme al suo fidanzato di allora, Raffaele Sollecito. I due giovani sono stati definitivamente assolti dalla Cassazione dall’accusa di omicidio.
I giudici si sono detti certi che Knox abbia accusato "ingiustamente" Lumumba "per uscire dalla scomoda situazione in cui si trovava", "per porre termine alle indagini, non potendo prevederne l'esito".
Si doveva stabilire, scrive invece l’americana su ‘X’, “se un singolo documento, una nota o memoriale, che ho scritto per ritrattare le due dichiarazioni che sono stata costretta a firmare durante il mio interrogatorio, fosse diffamatorio nei confronti del mio amico e datore di lavoro, Patrick Lumumba. Tutti, me compresa, ammettono di aver scritto il memoriale senza essere sollecitati, anche se vale la pena sottolineare che ero ancora sotto custodia della polizia e mi è stato comunque negato l’accesso a un avvocato e a un interprete ufficiale quando l’ho scritto – spiega Amanda – Dopo ore di tortura psicologica, sono stata finalmente lasciata sola e ho iniziato a realizzare che le dichiarazioni che mi avevano fatto pressione per firmare probabilmente non erano vere. Ho provato a dirlo alla polizia, ma mi hanno ignorato. Così ho chiesto una penna e un pezzo di carta”.
Dopo ore di tortura psicologica, sono stata finalmente lasciata sola e ho iniziato a realizzare che le dichiarazioni che mi avevano fatto pressione per firmare probabilmente non erano vere. Ho provato a dirlo alla polizia, ma mi hanno ignorato. Così ho chiesto una penna e un pezzo di carta".
Secondo la Knox, "il giudice ignora quando ho scritto: ‘Voglio chiarire che ho molti dubbi sulla veridicità delle mie dichiarazioni perché sono state fatte sotto la pressione di stress, shock ed estremo esaurimento'. Ignora quando ho scritto: ‘Chi è il vero assassino?' e: "Non credo di poter essere usata come testimone di condanna". Scrive che la giurisprudenza stabilisce che anche una falsa accusa presentata in modo dubbio è comunque diffamazione penale, A CONDIZIONE che l'accusa sia stata fatta sapendo che l'imputato era innocente".Amanda ribadisce: "Non ero presente a casa mia quando Meredith è stata assassinata, non sono stata coinvolta e non so più di quanto si possa dedurre dalle prove". Poi annuncia: "State tranquilli: tornerò in Corte di Cassazione per combattere questa cosa".