Amanda Knox contro Rudy Guede: “Da 16 anni combatto per riabilitare il mio nome mentre lui è libero”
"Da anni continuo a combattere per riabilitare il mio nome". Amanda Knox, accusata dell'omicidio di Meredith Kercher nel 2007 e poi assolta insieme all'ex fidanzato Raffaele Sollecito, ha lamentato il fatto che da 16 anni "combatte per riabilitare il suo nome", mentre l'uomo condannato per il delitto è oggi "libero dal carcere". Il riferimento è a Rudy Guede, unico condannato per l'omicidio di Meredith come responsabile "in concorso", anche se i complici non sono mai stati individuati. "L'uomo condannato per l'omicidio – ha continuato Knox – è oggi libero e continua a negare il suo coinvolgimento".
Amanda Knox ha fatto sapere di "non aver paura" e di essere pronta a tornare in Italia per "riabilitare il proprio nome". Knox, oggi 36enne, ha sottolineato in una serie di post sui social di non temere di "prendere posizione" sul caso di Meredith, sulla quale continua a dichiararsi innocente. "Non ero disposta a farlo oltre dieci anni fa, ma sono contenta di farlo oggi. Voglio che i miei figli vedano cosa vuol dire difendere la verità e i propri principi".
All'epoca dei fatti, Knox aveva 20 anni e studiava a Perugia insieme all'ex fidanzato, Raffaele Sollecito, e alla compagna di stanza, Meredith Kercher. Nel 2007, le due studentesse erano in Erasmus e convivevano nella stessa abitazione. Nel novembre di quell'anno, Meredith fu trovata morta in casa, sotto una coperta, con la gola tagliata. Del delitto furono indiziati Amanda Knox e il fidanzato dell'epoca, Raffaele Sollecito. I due fecero ricorso per due condanne, poi la coppia è stata definitivamente assolta nel 2015.
Amanda Knox fu condannata solo per aver diffamato Patrick Lumumba, il proprietario di un bar che la 20enne accusò di essere coinvolto nell'omicidio di Meredith. Il barista rimaste dietro le sbarre per due settimane, prima che qualcuno confermasse il suo alibi agli inquirenti. La Knox era stata condannata a 3 anni, già scontati, ma nel 2019 ha presentato ricorso in appello. Il suo team legale ha citato la sentenza alla Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha concluso che i diritti ad avere un avvocato e un interprete erano stati violati durante i primi due interrogatori con le autorità italiane. Per questo motivo, nel mese di ottobre, il tribunale italianoha accettato di concedere alla Knox un nuovo processo.