Amanda Knox a Modena: “Un ladro, Rudy Guede, entrò in casa, violentò e uccise Meredith”
Dal palco del Forum Monzani a Modena, nel corso di un confronto dal titolo “Il processo penale mediatico”, Amanda Knox ha ricostruito la tragica vicenda in cui è rimasta coinvolta in Italia. La trentunenne americana, processata e poi definitivamente assolta per l’omicidio di Meredith Kercher a Perugia, è tornata per la prima volta in Italia dopo l’assoluzione per il delitto del 2007. Come lei stessa ha ricordato dal palco, è la terza volta che torna nel nostro Paese. E dal palco Amanda, con la voce commossa e rotta dal pianto, ha ricordato la notte in cui è stata uccisa Meredith Kercher. “ Il primo novembre 2007, un ladro, Rudy Guede è entrato nel mio appartamento, ha violentato e ha ucciso Meredith. Ha lasciato tracce di dna e impronte. È fuggito dal Paese, processato e condannato. Nonostante ciò un numero importante di persone non ha sentito il suo nome, questo perché pm, polizia e giornalisti si sono concentrati su di me. Giornalisti chiedevano di arrestare un colpevole. Hanno indagato me mentre Guede fuggiva. Non basandosi su prove o testimonianze”. E ancora: “Pensavo di aiutare la Polizia ma sono stata interrogata per 50 ore in una lingua che non conoscevo bene. Dicevano che mentivo”, ha continuato Knox dal palco di Modena.
Amanda: “Gente pensa sarò attaccata per le strade in Italia, ho paura”
Amanda Knox ha parlato dell’Italia come di un Paese in cui ha incontrato la tragedia e la sofferenza ma “nonostante ciò o forse per questo è diventata parte di me”. “Tanta gente – ha detto dal palco – pensa che io sia pazza a venire qui, mi è stato detto che non è sicuro, che sarò attaccata per le strade, che sarò falsamente accusata e rimandata in prigione, ho paura”. Nel suo discorso la Knox ha parlato a lungo di come i media hanno trattato la sua vicenda e come avrebbero “contaminato” l’inchiesta. “Era impossibile avere per me un processo giusto. L'opinione pubblica non deve rispondere a nessuno, non ci sono regole se non che il sensazionalismo vince: nella Corte dell'opinione pubblica non sei una persona umana, sei un oggetto da consumare”, ha continuato Amanda Knox nel corso del suo intervento in un dibattito sul tema “Il processo penale mediatico”.
Knox: “Per tutti ero una furba, drogata, puttana, colpevole”
"Sul palcoscenico mondiale io ero una furba, psicopatica e drogata, puttana. Colpevole. È stata creata una storia falsa e infondata, che ha scatenato le fantasie della gente. Una storia che parlava alle paure della gente. Non potevo più godere del privilegio della privacy. La mia famiglia veniva descritta come un clan. Io prima del processo ero sommersa da una montagna di fantasie da tabloid”, così la trentunenne di Seattle precisando che avrebbe avuto “zero motivazioni per uccidere la mia amica”. "Ero innocente, ma il resto del mondo aveva deciso che ero colpevole, avevano riscritto la realtà. Passato, presente, futuro non contavano più. I pm e i media avevano creato una storia e una versione di me adatta a quella storia".
Amanda: “Imprigionata in un ambiente disumano ho meditato sul suicidio”
“Quando ero in carcere ho meditato sul suicidio”, ha quindi raccontato Amanda Knox, aggiungendo: “A vent'anni ero una ragazza felice e vivace e sono stata costretta a trascorrere da sola i miei primi anni venti, imprigionata in un ambiente disumano, malsano e imprevedibile. Invece di sognare una carriera o una famiglia, ho meditato sul suicidio. Tutti i membri della mia famiglia hanno sconvolto le loro vite a seguito di questa vicenda”.