Alpinisti morti sul Gran Sasso, i soccorritori: “Cristian e Luca si sono parlati fino alla fine”
Cristian Gualdi e Luca Perazzini, i due alpinisti dispersi sul Gran Sasso e ritrovati senza vita ieri, non hanno trascorso da soli i loro ultimi momenti. Si sono parlati fino alla fine, cercando di sostenersi a vicenda.
“Erano vicini, non più di cinque metri l’uno dall’altro. Le loro voci li tenevano uniti, anche se non potevano vedersi,” ha raccontato Marco Iovenitti, vice capo stazione del Soccorso Alpino dell’Aquila, l’ultimo ad averli sentiti al telefono. Un legame, quello tra i due amici romagnoli, che li ha sostenuti fino agli ultimi istanti, tra la neve e il freddo implacabile nel Vallone dell’Inferno.
Il 22 dicembre, giorno dell'incidente e della scomparsa, il tempo già instabile si è presto trasformato in una tempesta, mettendo Luca e Cristian di fronte al ‘bianco assoluto', una situazione che può disorientare anche gli alpinisti più esperti, come hanno spiegato i soccorritori. I due escursionisti avevano deciso di fare ritorno, ma la montagna, con la sua imprevedibilità, ha finito per essere fatale.
Assiderati, sono stati uccisi dal freddo. Le temperature, che di notte scendono fino a meno sedici gradi, hanno reso ogni possibilità di sopravvivenza impossibile.
Questi giorni di ricerca sono stati intensi e pieni di speranza, ma anche segnati da numerose difficoltà per i soccorritori, ostacolati dal maltempo: venti a 150 km/h, visibilità zero e temperature polari. I due, a circa 50 metri di distanza l'uno dall'altro, sono stati trovati nello stesso punto da cui era stato lanciato l'allarme domenica mattina, 22 dicembre, a 2.700 metri di altitudine.
“Abbiamo dato il massimo, ma sapevamo che ogni ora in più riduceva le possibilità di trovarli vivi,” ha dichiarato Alessandro Marucci, capo stazione del Soccorso Alpino dell'Aquila e professore di Ingegneria, uno dei soccorritori.