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Almalaurea: “Fare uno stage aumenta del 12% le possibilità di trovare lavoro”

Indagine AlmaLaurea: a parità di condizioni, le esperienze di tirocinio e stage aumentano del 12% la probabilità di trovare un’occupazione. Il fondatore Cammelli: fa bene il Ministro a insistere su questo “tasto”. Con un’avvertenza: sono esperienze da fare presso aziende e centri di ricerche di qualità, coordinate da personale universitario e aziendale.
A cura di Biagio Chiariello
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Poche figure qualificate, poche conoscenze pratiche, quando invece l'esperienza lavorativa è fondamentale per orientarsi alle scelte formative e professionali. Lo ha fatto capire chiaramente il Ministro dell'Istruzione Carrozza  a Cernobbio, al Forum Ambrosetti. A suo favore, ci sono i dati di AlmaLaurea: le esperienze di tirocinio e stage aumentano la probabilità di trovare un’occupazione di ben il 12 per cento. Allo stesso tempo, però, Andrea Cammelli, direttore dello stesso consorzio interuniversitario, non si ritrova nell'analisi fatta dal titolare del Miur. Non sarebbero pochi, ma "tanti, tantissimi i ragazzi che lavorano, che magari non frequentano le lezioni perché impegnati in occupazioni che gli consentano di mantenersi agli studi", sostiene, come riportato dal Corriere della Sera.

Nel 2012, dicono le rilevazioni di AlmaLaurea, 56 su cento (contro i 20 su 100 pre-riforma) hanno fatto stage e tirocini, con una punta del 68% tra i laureati triennali che non proseguono il percorso universitario e del 72% tra quelli magistrali. Nelle scuole secondarie superiori, queste importanti esperienze hanno riguardato il 42 per cento degli studenti. Dove previsto dai piani scolastici – per lo più in istituti tecnici e professionali – lo stage è stato per il 23 per cento di lunga durata (oltre 150 ore), per il 29 per cento "intermedio" (81-150 ore) e per il 48 per cento entro le 80 ore. Rari, invece, gli stage (meno del 15 per cento degli studenti) nei programmi di licei classici e scientifici. "Il nostro auspicio è che gli stage diventino un’attività formativa universalmente prevista dai programmi della scuola secondaria superiore", dice Cammelli. Naturalmente, sottolinea, l'esperienza lavorativa deve essere valida e impegnare i giovani in aziende che funzionano: "Non si può mettere un 17enne a fare fotocopie, o a contatto con dei ‘lavativi'. Conta l'esempio e l'effettiva formazione che riceve".

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