“Allungava le mani e mi ha isolato in università”: ricercatore denuncia di molestie un professore a Bologna
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Un ricercatore di Scienze biologiche dell'Università di Bologna ha denunciato un suo professore per molestie e domani, 27 febbraio, inizierà il processo per rito immediato. Tutto sarebbe partito da denunce spinte per poi trasformarsi in stalking: "Prima erano solo battute. Spinte, che ho tollerato. Poi ha iniziato a cercarmi sempre e ad allungare le mani. Io riuscivo solo a dire basta. Ma non è servito", avrebbe raccontato la vittima nella sua denuncia. A processo il professore dovrà difendersi dall'accusa di violenza sessuale aggravata e atti persecutori.
Anche l'università attende il processo, poi deciderà se prendere provvedimenti o meno. Intanto in una nota al Corriere della Sera, l'ateneo ha precisato "di essersi fatto parte attiva collaborando fin dal primo momento con le autorità competenti. È nostro dovere attendere le valutazioni dell’autorità giudiziaria che nella sua ordinanza cautelare non ha impedito che il docente potesse continuare a prestare servizio. Per questo ogni valutazione in merito a eventuali misure disciplinari, al momento, è sospesa". Per poi sottolineare la piena fiducia nella magistratura.
Il ricercatore ha raccontato così la sua versione dei fatti: "Nel 2017 ero tra gli organizzatori di un convegno a cui ha partecipato anche il professore che è entrato subito in contatto con me. Mi ha invitato a prendere un aperitivo e io ho accettato. Mi ha poi chiesto di partecipare a un bando per l'assegno di ricerca".
E ancora: "Lavoravo in un’università del centro Italia. Lui veniva a trovarmi spesso. Faceva sempre battute allusive, mi disturbavano. Però non reagivo, lui era una persona importante". Poi il trasferimento in università a Bologna sempre su spinta del professore: "Sono arrivato a settembre del 2022. Una volta in dipartimento, le parole sono diventate gesti, carezze in zone sempre più intime. Che io non volevo". Il ricercatore ha precisato che non ha mai detto nulla a nessuno: "Allungava le mani, ero diventato succube perché da lui dipendeva il mio assegno di ricerca. Il professore aveva fatto in modo di isolarmi in dipartimento. Il mio ragazzo non sopportava più la situazione e mi ha lasciato. Una mattina sono esploso".
Il ricercatore si è rivolto prima agli organi universitari e poi ai carabinieri. Al professore è stato messo il braccialetto elettronico: doveva stare 200 metri di distanza dal ragazzo. "Ma ovviamente in università l’allarme scatta sempre. E allora per evitarlo mi hanno ‘suggerito' di cambiare orari. Non solo: quando ci sono convegni, sono invitato a non partecipare. Io non lui".