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Alle nozze servono soda caustica alla bimba, rabbia del papà: “Infanzia persa e nessuno si è scusato”

Il racconto del padre della minore pugliese, che oggi è una adolescente, a oltre sei anni dai fatti. “Da allora è come se il tempo si fosse fermato per noi, mia figlia ha subito 45 interventi chirurgici ma non abbiamo ricevuto un minimo di solidarietà” ha spiegato l’uomo, aggiungendo: “Nessun risarcimento potrà mai bastare”.
A cura di Antonio Palma
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Chiedere un bicchiere di acqua durante un ricevimento di nozze può sembra la cosa più comune del mondo ma per una bambina pugliese di 9 anni quel gesto è stato l’inizio di un incubo durato anni e che prosegue ancora oggi. In quella bottiglia d‘acqua, infatti, qualcuno aveva versato detergente industriale per lavastoviglie, una sostanza caustica che le ha ustionato bocca, esofago e stomaco.

A oltre sei anni da quei terribili momenti, la bimba, che allora aveva solo 9 anni, ora è una adolescente che frequenta le scuole superiori ma che si porta dietro ancora tanti problemi fisici ma soprattutto quel passato che l’ha costretta a rinunciare a buona parte della sua infanzia. Prima ricoverata all’ospedale pediatrico di Bari, e poi trasferita a Parma, la minore ha subito da allora 45 interventi chirurgici, uscendo ed entrando dagli ospedali.

“Da allora è come se il tempo si fosse fermato per noi, mia figlia è stata 45 giorni in rianimazione, poi i medici sono stati costretti ad alimentarla per via endovenosa. Ha perso 25 chili in un anno” ha raccontato il padre, non nascondendo di aver temuto a lungo per la sua vita. In sette mesi, la bimba è andata diciassette volte in sala operatoria per sottoporsi a quattordici gastroscopie e sette dilatazioni dell’esofago in anestesia totale.

La rabbia peggiore, però, oggi che la ragazzina sta cercando di recuperale gli anni perduti e di ricominciare una nuova vita, è per quanto accaduto durante il procedimento giudiziario. “Quando mia figlia si è sentita male hanno pensato più al danno di immagine che alla nostra preoccupazione. Hanno provato in tutti i modi a non riconoscere le loro responsabilità” ha dichiarato l’uomo al Corriere della Sera.

Il processo, partito nel 2019, si è concluso con una condanna in primo grado a otto mesi di reclusione per lesioni personali colpose per il responsabile dell’autocontrollo Haccp e per il magazziniere della sala ricevimenti che avrebbe materialmente travasato la sostanza. Nel frattempo anche il Tribunale civile di Bari ha condannato la struttura a risarcire la famiglia con sentenza passata in giudicato.

“Nessun risarcimento potrà mai bastare. Nessuno le ridarà un’infanzia serena. E ci ridarà indietro questi anni di sofferenza immane” ha dichiarato però il padre della minore al quotidiano, ricordando: “Non ci hanno mai chiesto se avessimo bisogno di qualcosa, se la bambina stesse bene, come andassero le terapie. Non abbiamo ricevuto un minimo di solidarietà. Non parlo di soldi, non mi interessano. Parlo di rapporti umani che non ci sono minimamente stati”.

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