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Alle Molinette di Torino trapianto sequenziale di microbiota fecale e di fegato: è il primo al mondo

Il caso del paziente 56enne, affetto dalla nascita da malattia policistica con interessamento epatico e renale, sottoposto prima a trapianto di microbiota intestinale, per contrastare i batteri resistenti alle terapie antibiotiche che lo stavano uccidendo, poi al trapianto di fegato.
A cura di Biagio Chiariello
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Dopo un trapianto di microbiota fecale, il procedimento attraverso il quale le feci prelevate da un individuo sano vengono trasferite nell’intestino di una persona malata, è stato sottoposto ad un trapianto di fegato. Una procedura sequenziale che non ha precedenti in tutto il mondo quello avvenuto a Torino su un paziente di 56 anni, affetto dalla nascita da malattia policistica con interessamento epatico e renale

Un processo lungo 120 giorni, cominciato ad agosto e che ora ha  ricevuto un riconoscimento dalla letteratura scientifica internazionale, essendo stato pubblicato sulla rivista Transplant Infectious Disease.

L'uomo era stato trasferito dalla Nefrologia dell’ospedale Martini di Torino presso la Terapia Intensiva Epatologica dell'ospedale Molinette, diretta dal dottor Antonio Ottobrelli, a seguito di scompenso ascitico e stato settico. "La malattia policistica negli anni aveva gravemente danneggiato la funzionalità renale fino alla necessità di dialisi. Il fegato, sostituito da cisti ed arrivato a pesare 15 chilogrammi, ha causato un notevole ingombro addominale con conseguente grave stato di denutrizione, sviluppo di versamento liquido in addome e la colonizzazione intestinale da parte di batteri resistenti a qualunque terapia antibiotica ad oggi disponibile" spiega l'ospedale torinese.

Vista la gravità della situazione si è deciso di dare priorità al fegato, cioè ‘organo salvavita, posticipiando il trapianto di rene in un secondo momento. Tuttavia nell'intestino del paziente c'era una presenza di batteri resistenti alle terapie antibiotiche molto alta che rischiava  di rendere inutile anche il trapianto di fegato a causa dell’alto rischio di infezioni incurabili nell’immediato post-trapianto. Da qui la decisione di sottoporlo a trapianto di microbiota intestinale.

Il trapianto di fegato è stato effettuato da Renato Romagnoli, direttore del Centro Trapianto Fegato di Torino dell’ospedale Molinette della Città della salute di Torino:

Il trapianto di microbiota – ha spiegato – è stato possibile grazie al lavoro del Policlinico Gemelli di Roma, perché per questo paziente sarebbe stata impossibile la somministrazione con colonscopia, troppo a rischio sepsi. L’unica via era quindi un donatore di microbiota, sano, in modo che tutto l’insieme di organismi di questa persona sana potesse sostituire quello del paziente. E il donatore è arrivato attraverso il Gemelli. Appena abbiamo visto che si abbassavano le cariche batteriche dei germi antibioticoresistenti, uno del tutto, l’altro in parte, abbiamo chiesto d’urgenza il trapianto di fegato. Ed è questo che a permettere che i germi cattivi non si riproducano più ora. Senza il trapianto di microbiota il rischio infettivo col trapianto di fegato sarebbe stato troppo elevato".

A distanza di 20 giorni dal trapianto di fegato, e a 4 mesi dal suo ingresso alle Molinette, il paziente è rientrato a casa, avendo anche ripreso una funzione renale tale da non necessitare per ora di dialisi.

Questa procedura dovrebbe diventare "una prassi, dal momento che grazie al Gemelli la tecnologia per preparare il microbiota sano c’è – ha concluso Romagnoli – può cambiare il futuro di tanti trapianti. I germi antibioticoresistenti vengono acquisiti in ospedale, dove si selezionano per il fatto che si curano le persone con gli antibiotici e quelli resistenti sopravvivono e aggrediscono un paziente debole, che a quel punto si trova in un vicolo cieco".

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