Alika ucciso in strada a Civitanova, Filippo Ferlazzo condannato a 24 anni di carcere
La sentenza della Corte d'Assise di Macerata per la morte di Alika Ogorchukwu, il 39enne ambulante ucciso il 29 luglio 2022 a Civitanova Marche. Alika sarebbe stato ucciso a botte da Filippo Ferlazzo, un giovane che quel giorno stava passeggiando con la fidanzata. Secondo quanto ricostruito, il 39enne avrebbe chiesto al ragazzo l'elemosina, toccandogli un braccio con una mano. Per tutta risposta, Ferlazzo lo aveva prima colpito con una stampella e poi lo aveva buttato a terra, schiacciandogli il collo e la testa.
Ferlazzo è stato condannato a 24 anni di carcere.
Chiesta la condanna all'ergastolo
Questa mattina, davanti al presidente della Corte Roberto Evangelisti, al giudice a latere Federico Simonelli e ai giudici popolari, è stato chiesto per l'imputato 33enne la condanna all'ergastolo. La richiesta è arrivata al termine della requisitoria, durata circa un'ora, davanti ai giudici della Corte d'Assise di Macerata
"Ha usato un'aggressione brutale che si usa per uccidere un animale", è stato uno dei passaggi più forti pronunciati dal pubblico ministero nel ricostruire la condotta dell'imputato nei confronti dell'ambulante 39enne.
La difesa: "Ferlazzo affetto da disturbo bipolare"
Secondo la difesa, portata avanti dalla legale Roberta Bizzarri, Ferlazzo sarebbe affetto da "un disturbo bipolare" che lo ha fatto agire nei confronti dell'ambulante, "offuscando la sua capacità di intendere e di volere". La perizia dei giudici però ne aveva stabilito le facoltà mentali e in aula, anche la moglie di Alika, Charity Oriakhi, si è costituita parte civile insieme al figlio minorenne. A difendere la moglie e il figlioletto del 39enne morto, è stato l'avvocato Francesco Mantella.
Il 32enne aveva ammesso le sue responsabilità già dopo l'arresto, ma aveva dichiarato davanti ai magistrati di non essere lucido in quel momento a causa delle sue patologie. Pur avendo ammesso fin dal primo momento di aver aggredito e ucciso l'ambulante per futili motivi, aveva cercato di giustificarsi asserendo di non essere stato completamente in sé al momento del brutale pestaggio. I giudici non hanno però riconosciuto l'incapacità di intendere e di volere.