Alice Scagni uccisa dal fratello, archiviata inchiesta per omissioni: “Agenti non sapevano del pericolo”
Il giudice per l'udienza preliminare di Genova ha archiviato l'inchiesta sulle omissioni e le carenze nella gestione di Alberto Scagni, l'uomo che il primo maggio 2022 uccise la sorella Alice sotto casa a Genova Quinto dopo le denunce dei genitori, Antonella e Graziano Scagni, che avevano chiesto l'intervento delle forze dell'ordine e della Salute Mentale.
I due coniugi avevano denunciato forze dell'ordine e la dottoressa della Salute Mentale, accusata di aver "perso tempo" nella presa in carico di Scagni, già segnalato per atti persecutori e danneggiamento nei confronti della nonna che viveva nel suo stesso condominio. L'uomo aveva dato fuoco alla porta della sua abitazione appena il giorno prima dell'omicidio e i genitori avevano segnalato l'aggressione.
Secondo quanto riferito dagli agenti interrogati, il capoturno del 1 maggio "non aveva ricollegato l'identità di Scagni al 42enne che aveva dato fuoco alla porta di casa della nonna", ma dall'analisi del suo stesso verbale risulta che l'agente avesse trascritto nome e cognome dell'uomo (ripetuto appena 24 ore dopo dai genitori per chiedere aiuto prima del delitto), riferendosi a lui come "nipote psichiatrico della vittima".
Nonostante la segnalazioni fatte alle autorità il giorno prima dell'omicidio e 7 ore prima dell'aggressione ai danni di Alice, gli agenti non erano intervenuti per proteggere la famiglia Scagni da eventuali ritorsioni, così come richiesto da Antonella Zarri e da suo marito. Per l'omicidio della sorella, Alberto è stato condannato a 24 anni di carcere ed è stato dichiarato seminfermo mentalmente. Il 16 aprile inizierà il processo d'appello. La procura aveva chiesto l'archiviazione per il procedimento a carico dei poliziotti e della dottoressa della Salute Mentale. Per il pm Paola Crispo, "avrebbero agito tutti secondo le procedure previste".
Quando i genitori chiamarono la centrale operativa spiegando di essere stati minacciati di morte, secondo il pm "non vi era pericolo concreto" e gli agenti "non potevano sapere della pericolosità del 42enne" poiché prima non vi era stata una denuncia formale, ma "solo" segnalazioni e telefonate.
"L'eventuale invio di una pattuglia – scrive la giudice Pastorini nel provvedimento di archiviazione dell'inchiesta bis sulle presunte omissioni di polizia e dottoressa della Salute Mentale -non avrebbe potuto impedire l'evento posto che per la tipologia di reato, a parte il caso di intervento durante le minacce, non avrebbero potuto cercare Scagni né accedere alla sua abitazione per arrestarlo".
"La dottoressa – afferma invece riferendosi alla Salute Mentale di Genova – non è rimasta inerte, rifiutando di compiere un atto del suo ufficio, ma ha provveduto in maniera non corretta. La stessa non voleva negare un intervento dovuto, ma ha agito con imperizia e negligenza". Secondo il magistrato, quello del primo maggio era "un delitto imprevedibile" e le chiamate dei giorni precedenti erano arrivate "da numeri diversi". Le minacce aggravate "non prevedevano l'arresto o obbligo di inviare una volante per raccogliere una querela a domicilio". Non c'erano, secondo il giudice, "le condizioni che portassero a valutare che i richiedenti fossero in una situazione di pericolo" .