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Omicidio di Alice Scagni a Genova

Alice Scagni, la mamma a Fanpage.it: “Quando Alberto capirà cosa ha fatto probabilmente si ucciderà”

In una lunga intervista a Fanpage.it, la mamma di Alberto e Alice Scagni è tornata a parlare dell’omicidio e dell’inchiesta per omissioni. “Abbiamo chiesto aiuto allo Stato tante volte. Alberto ha ucciso, ma le autorità glielo hanno permesso: i colpevoli in questa storia sono due”
Intervista a Antonella Zarri
mamma di Alice e Alberto Scagni
A cura di Gabriella Mazzeo
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"Voglio i soldi" esordiva Alberto Scagni nella sua ultima telefonata al padre, poche ore prima di uccidere la sorella Alice. La 34enne è stata massacrata sotto casa alle 22 del primo maggio scorso. In poche ore, Antonella Zarri ha perso due figli. È questo quello che racconta commossa in una lunga intervista a Fanpage.it. "Alice e Alberto si volevano bene, lui la stimava e la ascoltava. Lei era convinta di poterlo salvare, ma non era compito suo".

Tre mesi fa la vita della famiglia Scagni è cambiata per sempre. Antonella Zarri ha preso il coraggio a quattro mani e ha ingaggiato un braccio di ferro giudiziario con lo Stato. "Mio figlio impugnava l'arma, questo è vero, ma le autorità gli hanno permesso di farlo. Qui i colpevoli sono due"

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Ha rivisto suo figlio Alberto dopo l'arresto? ha avuto modo di parlare con lui?

Purtroppo non abbiamo avuto modo, Alberto continua ad essere in uno stato delirante. In questo momento lui è lo stesso folle che chiamò mio marito la sera dell'omicidio. Parlare con lui è impossibile attualmente. Certo, è mio figlio nonostante tutto e resta nella preoccupazione dei suoi genitori perché nessuno lo sta curando.

In questo momento non ha accesso a trattamenti sanitari specifici in carcere?

No, non è sottoposto alle cure farmacologiche delle quali avrebbe bisogno. Sappiamo da tempo che aveva bisogno di un TSO, era quello che abbiamo ribadito alle autorità più e più volte ma non siamo stati ascoltati.

Non ha mai parlato di quello che è successo la sera del primo maggio?

Il suo cervello è avvolto nella stessa follia di quella sera. In questo momento è assolutamente incapace di comprendere la realtà. Ha avuto degli incontri con diversi psichiatri, ma nessuno è mai riuscito a penetrare questo muro comunicativo che ha messo su. Da solo è riuscito a tenere testa a quattro specialisti.

Alberto era mai stato destinatario di trattamenti sanitari? Aveva mai ricevuto una diagnosi?

No, non aveva mai ricevuto una diagnosi di persona. Abbiamo parlato noi della sua situazione ai medici, lui si è sempre rifiutato di presentarsi da psichiatri o presso il Centro di Salute Mentale. Fino a gennaio però non aveva manifestato comportamenti pericolosi. L'unica diagnosi che aveva ricevuto a 8 anni era quella riguardante l'epilessia. Quello che ci è stato detto sulla necessità di TSO ci è stato comunicato sempre in sua assenza.

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Quante volte avete chiesto allo Stato di aiutare Alberto prima dell'omicidio?

Abbiamo iniziato a chiedere aiuto a gennaio. Siamo andati da uno psicologo sperando di capire cosa fare perché le avvisaglie erano molto più contenute. Lo psicologo ha ascoltato quello che avevamo da dire e ci ha spiegato che Alberto aveva bisogno di assistenza psichiatrica. Noi abbiamo seguito il suo consiglio: ci siamo messi in contatto con la Salute Mentale e abbiamo ottenuto il primo appuntamento il 22 di Aprile.

E in quel lasso di tempo? 

Abbiamo chiesto aiuto al medico di base, che però ha detto di averlo visto tranquillo. Noi gli avevamo raccontato tutto, gli avevamo detto quello che faceva e lo avevamo avvertito del fatto che davanti agli estranei è bravo a dissimulare. In quello stesso periodo Alberto avrebbe dovuto vedere il neurologo per il rinnovo della patente i quanto epilettico, ma il medico non ha voluto incontrarlo. Ha detto che c'era bisogno dell'intervento della Salute Mentale.

E cosa è successo a quel punto?

Abbiamo avuto modo di parlare con la Salute Mentale ad aprile. Loro ci hanno detto che avrebbero provato a contattarlo, poi ci hanno consigliato di chiamare il 112 in caso di emergenza. Ci hanno spiegato che gli agenti li avrebbero contattati e che loro avrebbero fornito i dati della cartella di Alberto. Cartella che probabilmente non esiste. Tutto quello che speravamo era di coglierlo in flagrante e farlo sottoporre a TSO. Abbiamo creduto che chiamare il 112 servisse a qualcosa. Abbiamo sbagliato, oggi ne sono convinta. C'erano tutte le avvisaglie ma nessuno ha voluto ascoltare. Il primo maggio siamo stati al telefono per 16 minuti con il 112. Esiste una registrazione, vorremmo sentirla ma non ci è permesso accedere.

Si riferisce all'inchiesta sulle omissioni?

Esattamente. Quando abbiamo chiesto aiuto all'avvocato Anselmo, lui ci ha chiesto: "Siete sicuri che esista un fascicolo"? Eravamo increduli perché era stato riportato anche sui giornali. Abbiamo creduto ancora una volta nella giustizia, ma la verità è che quest'indagine è un mero annuncio sui giornali. Questo fascicolo non ha un numero, quindi non è tracciabile. Potrebbe essere già stata archiviata per quello che ne sappiamo: non possiamo arrivare alle persone interrogate e non possiamo sapere cosa abbiano detto. Ho reso una testimonianza di due ore e mezza tre giorni dopo la morte di mia figlia e il mio racconto è stato distorto in nove pagine dal pm. In questo fascicolo, tra le altre cose, c'è la forte volontà di riversare la colpa su di noi.

Crede che lo Stato le abbia voltato le spalle?

Ci ha voltato le spalle e sta cercando di ingannarci. Dopo tutti gli allarmi lanciati io ho dovuto tutelare mia madre chiamando la vigilanza privata. Alberto aveva bruciato la porta della sua abitazione ma per tutelarla ho dovuto chiamare la vigilanza privata. La sera dell'omicidio avrei dovuto mandarla da Alice, questa è l'unica colpa che sento di avere.

Com'era il rapporto tra Alice e suo figlio prima della malattia?

Si volevano davvero bene. Alberto si fidava di Alice e la ascoltava, la amava veramente. Quando si renderà conto di quello che ha fatto la sera del primo maggio, probabilmente si toglierà la vita. Temo molto tutto questo perché per me che sono sua madre è una certezza.

Sua figlia ha mai avuto paura di Alberto?

No, mai. Anzi, quella sera è uscita di casa chiedendo al marito di non seguirla. Ha detto: "Alberto non mi farebbe mai del male. Lui è mio fratello e mi vuole bene". Queste sono state le ultime parole di mia figlia prima di essere massacrata. Lei credeva di salvarlo, ma non era compito suo.

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Era compito delle autorità?

Potevano evitare tutto quanto. Mio figlio è colpevole perché aveva lui in mano l'arma, ma sicuramente lo Stato ha permesso questo omicidio. I colpevoli sono due.

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