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L'omicidio di Alice Neri

Alice Neri carbonizzata in auto, per risolvere il giallo è necessario incrociare due strade

Per risolvere il giallo di Alice Neri è necessario incrociare due strade: quella dell’analisi scientifica e quella vittimologica.
A cura di Anna Vagli
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Alice Neri (foto Facebook)
Alice Neri (foto Facebook)
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Il termine femminicidio si utilizza non per indicare il sesso della persona che è morta, ma per specificare le ragioni per le quali è stata uccisa. Un assassinio che rappresenta il culmine di un atto di controllo nei confronti di una donna.

Un’azione che serve ad eliminarla, ad impedirne quasi sempre le scelte e l’autonomia. Alla vigilia del 25 novembre ci interroghiamo su un altro caso che ha scosso l’opinione pubblica: la morte di Alice Neri, giovane mamma di 32 anni il cui corpo è stato trovato carbonizzato nel bagagliaio della sua auto in una strada di campagna nel modenese.

La procura procede per omicidio volontario ed occultamento di cadavere. E ha iscritto due persone nel registro degli indagati: il marito e l'ultimo uomo che l'avrebbe vista viva, un collega e amico con cui, la sera della scomparsa, la vittima è andata a fare un aperitivo fino alle due di notte. Ad oggi non è escluso che il cerchio possa allargarsi ancora.

Per cercare di far luce in quello che ancora appare come un giallo, è necessario fare ricorso allo strumento dell’autopsia psicologica. Da tale prospettiva, l’analisi delle relazioni di Alice svolgerà certamente un ruolo attivo nella ricostruzione della criminodinamica del femminicidio, poiché contribuirà a rendere più chiaro il contesto in cui è avvenuto.

Così argomentando, da quanto è già emerso, ma anche con riferimento alle modalità di rinvenimento del suo cadavere, il profilo psicologico di Alice non è compatibile a mio giudizio con una dinamica suicidaria. Tuttavia, le informazioni che abbiamo al momento sono eccessivamente frammentate. Quindi, per comprendere cosa è accaduto davvero è necessario incrociare due strade.

La prima è quella scientifica. Un’indagine fondata, quindi, sugli esami genetici all’interno dell’automobile, sulla presa di visione dei registrati delle telecamere di sorveglianza e sull’analisi dei tabulati telefonici.

La seconda strada, che inevitabilmente è destinata ad incontrarsi con la precedente, è quella incentrata sui fattori vittimogeni.

Chi era Alice Neri?

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Per cercare di capire che cosa può essere successo davvero la sera della scomparsa di Alice bisogna anzitutto svolgere un’investigazione retrospettiva. Attenzionandone la vita privata, partendo dai dati e dalle informazioni ricavabili dal suo telefono cellulare. Divenuto, quest’ultimo, la cassaforte di tutti i nostri segreti più intimi e inconfessabili.

Su questa lunghezza d’onda, sarà poi dirimente mappare tutte le sue relazioni: sociali, lavorative, affettive. Non solo quelle note e alla luce del sole, ma anche valutando l’esistenza di eventuali relazioni clandestine.

Nonostante quanto affermato dalla madre, c’è un primo riscontro di matrice oggettiva che non deve essere assolutamente tralasciato ai fini dell’indagine. Alice era una mamma che a casa aveva una bambina di quattro anni e che la sera della scomparsa si era intrattenuta fino a notte fondo con un uomo diverso da suo marito. Questo non vuole e non deve essere assolutamente letto come una critica rispetto alle modalità con le quali ciascuno sceglie di vivere e condurre la propria vita.

Anche perché, fino a prova contraria, non costituisce reato né rappresenta qualcosa di immorale uscire con un collega per un aperitivo. Ma dal momento che si indaga per omicidio, le risposte su quanto accaduto potranno avvenire anche – e forse soprattutto – scandagliando le relazioni interpersonali e i legami di Alice.

Il faro dell’indagine deve essere sempre la ricerca della verità. Perché, ad oggi, sappiamo solo che una giovane donna e mamma è stata strappata alla vita nel più atroce dei modi.

Le indagini scientifiche  

L’iscrizione nel registro degli indagati del marito e del collega di Alice è sicuramente un atto dovuto per lo svolgimento degli accertamenti di matrice irripetibile come l’autopsia. Difatti, gli accertamenti in parola devono essere svolti secondo il codice di rito nel contraddittorio delle parti. Queste ultime hanno infatti il diritto di nominare propri consulenti per lo svolgimento delle operazioni peritali.

Secondo quanto è emerso, Alice si trovava nel portabagagli della vettura quando ha preso fuoco. Pertanto, la prima considerazione da fare è che qualcuno ce l’ha riposta quando sicuramente era già morta. E le ha dato fuoco non solo per occultarne il cadavere, ma anche per eliminare le tracce.

Stando alle indiscrezioni, però, di Alice sarebbero rimaste solamente le ossa. Che si trattasse di lei, infatti, si è potuto stabilire quasi con certezza perché il cadavere è stato rinvenuto nell’auto di proprietà.

Tuttavia, per quel che attiene l’attribuibilità in via definitiva dei resti a quest’ultima non si pone alcun problema. In laboratorio si procederà all’isolamento dell’identità genetica mediante la polverizzazione delle ossa. Poi seguirà l’attività estrattiva.

Difficoltà, invece, potranno derivare in relazione alle analisi di tracce di matrice biologica riconducibili a soggetti terzi coinvolti nell'omicidio. Difatti, considerando lo stato di ritrovamento dell'automobile, sarà molto difficile per la polizia scientifica riuscire ad isolare profili utili ai fini dell’indagine. Anche se, qualche informazione in più potrà arrivare dalla tanica contenente liquido infiammabile rinvenuta sulla scena del crimine.

Per questa ragione, oltre all’indagine retrospettiva sulla vita e le abitudini di Alice, sarà fondamentale visionare i filmati restituiti dalle telecamere di sorveglianza della zona. Dirimente in tal senso sarà verificare se Alice quella notte, dopo essersi intrattenuta nel bar con il collega di lavoro, è salita nella sua auto da sola o con altre persone. E se si è recata in quel posto isolato con le sue gambe oppure quando era già morta.

In quest’ultimo caso, difatti, si dovrebbe concludere che la giovane è stata uccisa altrove. E poi portata nella zona del ritrovamento.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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