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Alfieri, medico di Papa Francesco: “Ci chiese di evitare l’accanimento terapeutico, voleva morire a casa”

Il racconto di Sergio Alfieri, chirurgo del Gemelli e medico personale di papa Francesco, sugli ultimi attimi di vita del Pontefice, morto lunedì di Pasquetta: “Sono entrato nella sua stanza e lui aveva gli occhi aperti. Ho provato a chiamarlo però non mi ha risposto. Ci ha chiesto di evitare l’accanimento terapeutico”.
A cura di Ida Artiaco
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"Sabato, quando l'ho visto l'ultima volta, stava molto bene. Me l’ha detto anche lui. Gli ho portato una crostata scura come piace a lui. Sapevo che il giorno dopo avrebbe impartito l’Urbi et Orbi e ci siamo dati appuntamento a lunedì". A parlare è Sergio Alfieri, primario di chirurgia oncologica addominale del policlinico Gemelli, coordinatore dei medici del Santo Padre durante il suo ricovero e suo chirurgo personale, che in una intervista al Corriere della Sera ha raccontato gli ultimi giorni di vita del Santo Padre, morto per un ictus la mattina di Pasquetta.

Alfieri racconta il momento della morte di Papa Francesco

Un decesso che ha lasciato tutti sorpresi, nonostante le condizioni di salute di Francesco fossero precarie dopo il ricovero per polmonite bilaterale, come hanno confermato i suoi più stretti collaboratori e l'equipe medica che lo seguiva. "Lunedì alle 5,30 circa mi ha chiamato Strappetti: ‘Il Santo Padre sta molto male dobbiamo tornare al Gemelli‘. Ho preallertato tutti e venti minuti dopo ero lì a Santa Marta, mi sembrava tuttavia difficile pensare che fosse necessario un ricovero. Sono entrato nella sua stanza e lui aveva gli occhi aperti. Ho constatato che non aveva problemi respiratori e allora ho provato a chiamarlo però non mi ha risposto. Non rispondeva agli stimoli. In quel momento ho capito che non c’era più nulla da fare. Era in coma. Quella mattina gli ho dato una carezza come ultimo saluto", ha raccontato Alfieri.

Il ricovero di Papa Francesco e il suo desiderio di tornare a Santa Marta

Il chirurgo del Papa si è preso cura di lui anche durante l'ultimo ricovero del Pontefice, cominciato il 14 febbraio scorso dopo una serie di problemi respiratori. Ed anche il quel momento ha pensato che non ce l'avrebbe fatta: "Sì, una notte erano state avviate le procedure che poi sono state eseguite lunedì. Abbiamo temuto il peggio e invece lui ha sorpreso tutti. Sapevamo che voleva tornare a casa per fare il Papa fino all’ultimo istante. E non ci ha delusi". Che Bergoglio volesse terminare i suoi giorni a Santa Marta era un fatto noto a chi lo frequentava: "Strappetti sapeva che il Papa voleva morire a casa, quando eravamo al Gemelli lo diceva sempre. È spirato poco dopo. Io sono rimasto lì con Massimiliano, Andrea, gli altri infermieri e i segretari; sono quindi arrivati tutti e il cardinale Parolin ci ha chiesto di pregare e abbiamo recitato il rosario con lui. Mi sono sentito un privilegiato e ora posso dire che lo sono stato", ha aggiunto ancora Alfieri.

Papa Francesco disse ai medici: "No all'accanimento terapeutico"

In un'altra intervista a Repubblica, Alfieri ha anche sottolineato che il Papa "ci ha chiesto di evitare l'accanimento terapeutico. Se avesse perso coscienza, avremmo dovuto seguire le direttive del suo assistente sanitario personale, l'infermiere Massimiliano Strappetti, che per il Santo Padre era come un figlio. Nell'ultimo periodo ha vissuto in simbiosi con il Santo Padre, che chiamava solo lui. Restava a Santa Marta anche la notte. Dormiva sì e no 3 ore. Non so come abbia retto".

Durante l'ultimo ricovero "ha espressamente domandato di non procedere in nessun caso all'intubazione". Praticarla "lo avrebbe aiutato a respirare, ma sarebbe stato difficile tornare indietro ed estubarlo, con i polmoni infettati da virus, funghi, miceti. Avremmo solo prolungato la sua vita di qualche giorno". A causare il decesso del Pontefice "è stato uno di quegli ictus che in un'ora ti portano via – ha ribadito il chirurgo -. Forse è partito un embolo che ha occluso un vaso sanguigno del cervello. Forse c'è stata un'emorragia. Sono eventi che possono capitare a chiunque, ma gli anziani sono più a rischio, soprattutto se si muovono poco".

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