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Alex Marangon picchiato da più di una persona prima di morire nel Piave, familiari: “Più persone sanno”

Per la Procura di Treviso la morte del 26enne Alex Marangon è omicidio volontario. I legali della famiglia: “L’autopsia ha addebitato l’accaduto a più di una persona. L’appello che vi rivolgiamo, con spirito di pietà è di parlare: più persone sanno quello che è successo”
A cura di Antonio Palma
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Alex Marangon è stato colpito più volte alla testa e al torace prima di finire tramortito nel Piave e morire annegato. Lo ha confermato l’autopsia sul corpo del barista 26enne veneziano, trovato morto sul greto del fiume due giorni dopo essere sparito nel nulla durante un raduno sciamanico in una vecchia abbazia a Vidor, nel Trevigiano. “L'ipotesi più probabile è che Alex abbia subito un'aggressione con un corpo contendente e sia finito in acqua dopo qualche minuto, già in condizioni gravissime, e poi sia annegato nel fiume” ha spiegato il procuratore capo di Treviso, Marco Martani.

Alex Marangon, si indaga per omicidio volontario

I risultati dell’autopsia infatti hanno portato la Procura a ipotizzare il reato di omicidio volontario ed escluso definitivamente il suicidio a cui i familiari di Alex Marangon non avevano mai creduto. L’ipotesi prevalente è quella di una brutale aggressione, un pestaggio violento con un oggetto contundente durato diverse decine di secondi, come dimostrano l’occhio tumefatto, i lividi al torace e l’emorragia interna riscontrate nell’esame poste mortem.

Ferite che fanno ipotizzare un pestaggio con l’intervento di più persone. Di questo ne sono convinti anche i legali della famiglia di Alex Marangon. L'autopsia "ha evidenziato una botta sulla parte sinistra della testa, addebitando l'accaduto a più di una persona" ha rivelato infatti l'avvocato Nicodemo Gentile, secondo il quale l'esame post mortem "restituisce un quadro inquietante, quello di una aggressione potente, sfuggente, nel corso di una colluttazione che male si concilia con il caso".

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Appello dei familiari di Alex Marangon: "Chi sa parli"

Lo stesso legale, che col collega Stefano Tigani assiste la famiglia Marangon, si fa portavoce dell’appello dei parenti del 26enne ucciso affinché chi sa parli. Al raduno del 30 giugno scorso a cui stava partecipando Alex Marangon, infatti, erano presenti almeno una ventina di persone ma nessuna di loro ha detto di aver visto l’aggressione o sentito qualcosa. Secondo alcuni testimoni, il giovane si era allontanato dall'abbazia verso il Piave seguito da due persone che erano al raduno. I due, però, hanno detto che ad un certo punto sono tornati indietro e lo hanno perso di vista.

“C'è un buco di tre ore da chiarire, ma anche altro va chiarito in una storia molto fitta in cui chiediamo che chi sa parli" ha dichiarato all’Ansa l’avvocato Tigani. “L'appello che vi rivolgiamo, con spirito di pietà è di parlare: più persone sanno quello che è successo" hanno dichiarato i legali. “Adesso vogliamo andare fino in fondo, non ci arrenderemo finché chi ha fatto del male a nostro figlio non sarà preso. Però dovete aiutarci: chiediamo che chi sa qualcosa si faccia avanti, per pietà verso Alex, un ragazzo meraviglioso che non meritava questa fine” è l’appello dei familiari rilanciato dal Gazzettino.

Le parole dello sciamano

L’unico a parlare pubblicamente per ora è Andrea Zuin, in arte "ZuMuric", lo sciamano e organizzatore della serata all'Abbazia. “Sono profondamente sconvolto e addolorato per la scomparsa di Alex e per tutto quello che sta emergendo. Fin da subito abbiamo contribuito alle ricerche e abbiamo fornito informazioni alle forze dell'ordine e continueremo a farlo" ha dichiarato, aggiungendo: "Mandiamo forza e amore alla famiglia di Alex in questo momento così doloroso, anche attraverso la nostra musica che ad Alex piaceva tanto".

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