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Alessio e la paura della sua famiglia: “Se chiudono la struttura per disabili, noi che facciamo?”

Alessio Conserva è un ragazzo disabile che da otto anni vive all’interno della struttura socio-assistenziale e riabilitativa “Eridano Dopo di Noi” di Brindisi. A causa di un regolamento regionale del 2019, la struttura – non potendosi convertire in RSA – non potrà più ospitare Alessio e tanti altri ragazzi come lui, che saranno dunque costretti a trovare una nuova sistemazione, distaccandosi da quella che, per anni, è stata la loro seconda famiglia.
A cura di Daniele Balestreri
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“Un nido, una seconda famiglia”: così Fabiana Conserva descrive la struttura socio-riabilitativa che da otto anni ospita il fratello Alessio, un ragazzo autistico di ventinove anni. Dal 2013 Alessio vive presso la Società Cooperativa “Eridano Dopo di Noi” di Brindisi, una struttura – poco distante da casa – che accoglie in forma stabile persone con disabilità con l’obiettivo di promuoverne l’integrazione e l’inserimento sociale e lavorativo. Fabiana racconta con emozione l’esperienza di vita del fratello all’interno di quella che col tempo è divenuta a tutti gli effetti una seconda casa. Un porto sicuro in cui svolgere insieme le attività più varie: dalle escursioni allo sport, dai laboratori di falegnameria ai lavori nell’orto e tanto altro ancora. Seguito da professionisti e integrato completamente all’interno della comunità, Alessio è cresciuto e ha trovato punti di riferimento importanti anche al di fuori del nucleo famigliare.

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Cos’è successo

Ripercorrendo tutti i progressi e i cambiamenti positivi che hanno coinvolto il fratello, è ancora più difficile per Fabiana accettare le conseguenze che derivano dal REGOLAMENTO REGIONALE 21 gennaio 2019, n. 5. Il regolamento prevede infatti che dal 2021 le strutture ospitanti ragazzi con disabilità si convertano in RSA oppure che gli stessi ragazzi vengano ospitati in altre RSA sparse nel territorio regionale. La struttura “Eridano” non si trasformerà in RSA, sia a causa dei costi difficili da sostenere per una struttura di piccole dimensioni, sia per i cambiamenti di gestione che seguirebbero. Da qui, i timori di Fabiana per il futuro incerto del fratello. Il distaccamento dalla struttura che lo ospita ormai da 8 anni costituirebbe un trauma per il ragazzo che si vedrebbe costretto a separarsi dai compagni e dagli educatori per essere reinserito in una nuova realtà, che potrebbe essere anche più distante da casa e dunque più difficilmente raggiungibile dalla famiglia. “Le famiglie, per quanto amore e comprensione possano metterci, non hanno gli strumenti adeguati per approcciarsi al trauma di una persona disabile”. La paura dunque è quella di non saper bene gestire il trauma che inevitabilmente colpirebbe questi ragazzi qualora lasciassero all’improvviso la comunità di cui sono parte integrante e che vivono come famiglia, la paura di “perdere questo universo stupendo” e che di questo non rimanga più nulla. E non solo, a questo si aggiunge il timore che nelle nuove strutture venga meno la dimensione sociale, la residenzialità attiva, l’attenzione per le prospettive future e che, invece, prevalga la sola assistenzialità ospedaliera. Non per ultimo, i disagi economici del dover sostenere rette più elevate.

Cosa chiede la famiglia

La famiglia di Alessio vorrebbe che la questione venisse discussa con maggiore attenzione, nella speranza di  trovare un compromesso che abbia più a cuore il futuro dei ragazzi. Fabiana vorrebbe non essere più da sola nell’affrontare questa piccola grande battaglia.

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