Questa mattina, come molti e molte di voi, mi sono svegliata con il cuore infranto. Come tantissime persone, sono una grande ammiratrice del professor Alessandro Barbero pur avendo scoperto con imperdonabile ritardo la sua attività divulgativa. È stato durante il primo lockdown, quello del 2020, che confinata in casa da sola ho iniziato ad ascoltare le sue lezioni di storia che sono state per me un efficace palliativo alla solitudine oltre che un modo interessante, avvincente e coinvolgente di imparare cose nuove. Insomma, quelle lezioni per me e per tanti altri sono fonte di un vero e proprio arricchimento anche personale, ed è per questo che quando ho letto le dichiarazioni di Alessandro Barbero fatte al quotidiano La Stampa ho avuto un tuffo al cuore.
Barbero è stato intervistato da Silvia Francia in occasione della presentazioni della nuova serie di lezioni che il professore terrà al grattacielo di Intesa Sanpaolo. Durante questi incontri, Barbero parlerà di tre donne che hanno fatto la Storia come Madre Teresa di Calcutta, Caterina la Grande e Nilde Iotti ed è proprio per via del tema di queste lezioni che Francia ha chiesto a Barbero un commento sulla mancanza di donne ai vertici dei processi decisionali: “Premesso che sono uno storico e quindi il mio compito è indagare il passato e non il presente e il futuro – ha cominciato Barbero – di fronte all’enorme cambiamento di costume degli ultimi cinquant’anni, viene da chiedersi come mai non si sia più avanti avanti in questa direzione […] Rischio di dire una cosa impopolare, lo so, ma viene da pena di chiedersi se non ci siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi”.
Le dichiarazioni di Barbero hanno suscitato molte reazioni indignate e altrettante reazioni a difesa delle sue dichiarazioni contro la “dittatura del pensiero unico”. A onor del vero, non è la prima volta che le sue uscite su temi riguardanti la parità di genere hanno dato da pensare che il professore non fosse proprio in linea con il pensiero femminista contemporaneo. In un’intervista a Muschioselvaggio, il podcast di Fedez e Luis Sal, Barbero ha detto a proposito di Margaret Thatcher: “La prima donna che diventa presidente del consiglio in un Paese europeo… e guarda i risultati”. Seguono risatine degli astanti, ovviamente tutti uomini. Rispondendo al Fatto Quotidiano sull’opportunità o meno di rimuovere le statue di persone controverse o accusate di crimini aberranti, Barbero ha risposto che secondo lui quella dei movimenti dei neri e delle donne è “una battaglia a vuoto, assurda. Una forma di razzismo”.
Insomma, che Barbero non fosse d’accordo con molte delle istanze portate avanti dai cosiddetti movimenti woke era un fatto assodato e nessuno dotato di buon senso e che abbia a cuore i valori fondanti di ogni democrazia vorrebbe impedirgli di esprimere le sue idee su questo o su altri temi. Il punto sollevato sulle sue parole di oggi è un altro. Barbero ha parlato di “differenze strutturali tra donne e uomini”, il che fa supporre, se vogliamo attenerci a quando riporta La Stampa, a differenze biologiche e, se vogliamo, ontologiche che non permettono alle donne di ricoprire posizioni decisionali e di potere. E proprio a ragione di queste differenze intrinseche tra donne e uomini che più avanti nell’intervista Barbero si chiede: “È possibile che in media le donne manchino di quell’aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi?”.
Barbero non è un’avventore da bar, è uno storico, quindi ha ragione quando dice che il suo lavoro non è studiare il presente ma il passato. Ed è proprio a ragione di questo che dovrebbe sapere che le differenze strutturali di cui parla non sono un dato di natura, ma sono frutto di processi storici lunghi e complessi che hanno plasmato una società nemica della donna sotto qualsiasi punto di vista.
Per secoli alle donne è stata preclusa la possibilità di autodeterminarsi, cioè di avere la possibilità di scegliere chi essere, cosa fare, dove vivere e con chi. Questi retaggi, seppure in forme e gradazioni differenti, persistono ancora oggi in ogni settore della nostra società: le donne fanno più fatica degli uomini ad affermarsi perché quelle caratteristiche – che Barbero elenca come indispensabili per avere successo – sono viste malissimo in una donna. Queste evidenze sono documentate in moltissimi studi che sicuramente il professor Barbero ha avuto modo di incrociare nel corso della sua lunga e brillante carriera accademica: per questo oggi più che puntare il dito contro di lui, occorrerebbe domandarsi come mai anche un uomo di cultura e di grande intelligenza e sensibilità, anche davanti a evidenze oggettive, si rifiuta di vedere quello che è sotto gli occhi di tutte e tutti?
Viene da pensare che il sessismo e il maschilismo siano più difficili da sdraricare di quanto si pensi, che non bastano solo la cultura e i libri per liberarci di secoli di oppressione e di disuguaglianze, che c’è qualcosa dentro gli uomini di una certa generazione che proprio fatica ad andare via. E sarebbe da salutare la polemica del giorno con un’allegra scrollata di spalle se non fosse che parliamo dell’élite intellettuale di questo Paese, quella che influenza chi prende le decisioni e decide delle nostre vite e quelle delle prossime generazioni. Del resto chi prende le decisioni in questo paese ha le stesse caratteristiche di Barbero: un uomo bianco eterosessuale sui sessant’anni e del centro-nord. E allora più che scrollare le spalle tocca rimboccarsi le maniche e darsi da fare per scrivere una Storia diversa.