Encefalopatia spongiforme sporadica. È questo il nome della rarissima malattia neurodegenerativa che pochi fa si è portato via per sempre Luca Nuti, un 48enne toscano sposato dal 1998 con Alessandra. “Era l’amore della mia vita” racconta sua moglie, la quale, dopo 18 mesi di calvario per alleviare il dolore di suo marito, ha deciso di fondare un’associazione in suo nome per sostenere la ricerca e aiutare le famiglie che si ritrovano a vivere lo stesso dramma. “È una malattia devastante, che ti spezza il cuore e che ti fa tanta rabbia perché ci si sente impotenti” continua Alessandra.
I due si sono conosciuti nel 1990. E da quel momento non si sono mai più separati. “Una mattina gli ho portato la colazione a letto e lui è andato in bagno. Ad un certo punto l’ho visto cascare in terra davanti alla vasca”. Prima la corsa in ospedale, poi alcuni accertamenti e l’ipotesi di un tumore alla testa scartata dopo la diagnosi definitiva giunta dall’Ospedale di Verone e da Gianluigi Zanusso, neurologo già impegnato nella ricerca su questa patologia. È a lui che Alessandra vuole dare una mano economicamente per portare avanti gli studi sulla malattia. “Tutte le volte che vado a trovarlo –continua- gli chiedo di far crescere questo regalo che ho voluto fargli, cioè provare a curare gente con la stessa malattia nel nome di Luca”.
Luca ha trascorso gli ultimi mesi della sua vita a letto, in coma vigile. Ma sempre con la moglie al suo fianco. “Era troppo importante per me” dice Alessandra, che forse, anche grazie al suo amore e alla sua presenza costante, è riuscita a far restare il marito in vita più del previsto, visto che di solito “per questa malattia le previsioni di 4 o 6 mesi. Quando era a letto lui si girava verso di me, cercava la mia voce, e io gli dicevo: Luca vai, poi un giorno ti raggiungerò e staremo per sempre insieme. Ma lui era così attaccato alla vita. Non voleva lasciarmi sola, ne sono convinta”.
“Perché proprio a Luca? Che aveva fatto di male per meritarsi questa cattiveria? Era una bella persona, dentro e fuori. Ed era pieno di vita” conclude Alessandra. “Un giorno mi ha detto: Se guarisco ti porto a Londra. Ecco, adesso spero di fare questo viaggio e di poterlo portare con me”.