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Alcantara, il secondo fiume della Sicilia è sparito: moria di pesci e anche le famose gole soffrono

L’Alcantara è il secondo fiume per portata della Sicilia. Scorre per decine di chilometri, fa da confine naturale tra le province di Catania e Messina e riempie le famose Gole, capolavoro della natura e tra le più apprezzate attrazioni turistiche della Sicilia orientale. Da settimane, però, per ampi tratti il corso d’acqua ha lasciato il posto a una secca che ha ucciso i pesci e prosciugato le gurne, i laghetti di acqua corrente tra la pietra lavica. La siccità c’entra, è certo. Ma non è colpa solo del clima. L’Ente parco fluviale dell’Alcantara punta il dito contro Siciliacque, società in parte pubblica e in parte privata che gestisce 1800 chilometri di acquedotti in tutta l’Isola. E che si occupa anche di due centrali idroelettriche sul fiume che sparisce.
A cura di Luisa Santangelo
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Sul tavolo della procura della Repubblica di Catania c'è una lettera che parla del fiume Alcantara. È una risposta che la società partecipata regionale Siciliacque ha inviato anche all'Ente parco fluviale e al dipartimento Acque e rifiuti della Regione Siciliana a proposito di un problema che non passa inosservato: nel fiume non c'è acqua. L'Alcantara, il secondo fiume di tutta la Sicilia per portata media, è a secco per una parte del suo corso. Nasce nei Nebrodi, si riempie grazie allo scioglimento delle nevi dell'Etna e ai suoi affluenti, fa da confine naturale tra le province di Messina e Catania, e da qualche settimana è asciutto per ampi tratti. I pesci sono morti e il suggestivo scenario delle gurne, una serie di laghetti una volta incastonati come gemme azzurre nella pietra lavica, è adesso una collana di acquitrini verdi di alghe e insetti. Là dove i turisti si gettavano per fare il bagno oggi si appigliano solo rane e rospi, mentre qualche serpente scuro ci passa in mezzo.

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È un altro capitolo della siccità in Sicilia e, anche stavolta, non si sa di chi sia colpa. Del caldo, certo. Della pioggia che non arriva, anche. Ma non basta. Per spiegare cosa sia accaduto alla diga Sciaguana, adesso un deserto di terra arida nell'Ennese, sono scesi in campo la procura di quel territorio e una commissione d'inchiesta nominata dall'Assessorato all'Energia della Regione Siciliana. Gli agricoltori della zona proprio in questi giorni fanno i conti con la sete delle loro piante, incapace di essere placata dai prelievi alla diga Pozzillo, tra le più grandi di tutta l'Isola e anche quella impegnata a sperimentare livelli di acqua pericolosamente bassi. Per vederci chiaro sull'Alcantara bisognerà aspettare il 20 luglio, quando all'Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia si incontreranno, attorno allo stesso tavolo, accusati e accusatori.

Nei panni dei primi c'è Siciliacque, il colosso dell'acqua siciliana. Un'azienda partecipata per il 25 per cento dalla Regione Siciliana e per il restante 75 per cento da Idrosicilia spa (a sua volta controllata da Enel e, soprattutto, dalla multinazionale francese Veolia), che gestisce 1800 chilometri di acquedotti in tutta la Sicilia. Una concessione che durerà fino al 2044 e che riguarda anche i pozzi dell'Alcantara. Nei panni dell'accusatore, invece, c'è Renato Fichera, il neopresidente dell'Ente parco fluviale dell'Alcantara, arrivato ad aprile 2021 in tempo per vedere il fiume spegnersi tra i Comuni di Castiglione e Francavilla di Sicilia, per riemergere (anche se un po' provato) a Motta Camastra, animando coi suoi scrosci le famose Gole. "Lì ci sono altri affluenti che portano acqua all'Alcantara – spiega Annamaria Noessing, presidente del circolo di Legambiente che da Taormina arriva fino alla valle fluviale – . Più a monte, invece, ci sono le captazioni di Siciliacque". Che si sommano all'acqua persa per la siccità e a quella che, invece, si ingrotta per scorrere sotto alla superficie. In condizioni ottimali, però, nessuno di questi due elementi (assenza di piogge e scorrimento sotterraneo) sarebbe sufficiente a lasciare all'asciutto il fiume per chilometri.

L'ultima lettera indirizzata dall'Ente parco alla Regione Siciliana (e alla guardia costiera per conoscenza) è datata 10 giugno 2021 e recita: "Si chiede di conoscere i dati del piano di prelievi e distribuzione da parte di Siciliacque attraverso la galleria Alcantara". A febbraio di quest'anno, già cinque mesi fa, sempre l'Ente parco fluviale chiedeva all'amministrazione regionale di "provvedere urgentemente a porre in essere ogni necessario intervento o provvedimento che consenta, nell'immediatezza, un maggiore deflusso delle acque nel fiume Alcantara, revocando o rimodulando ogni concessione già rilasciata". Il convitato di pietra della missiva di febbraio è Siciliacque: "L'utilizzo della centralina elettrica dovrebbe limitarsi a sfruttare l'effettiva quantità d'acqua usata a scopo idropotabile, evitando prelievi aggiuntivi finalizzati esclusivamente a un uso industriale di produzione di energia elettrica", continua la nota.

Per dirla più semplicemente, il tema che pone il parco fluviale dell'Alcantara è il seguente: non è che le captazioni di acqua di Siciliacque sono eccessive rispetto a quello che l'Alcantara può sopportare? "Su questo non c'è dubbio", conferma Fichera. E non è che quest'acqua ha smesso di servire per arrivare nei rubinetti dei cittadini e serve, invece, per alimentare centrali idroelettriche che quell'energia la vendono? Siciliacque sul corso dell'Alcantara di cabine per la produzione di elettricità ne ha due: una nel territorio di Letojanni e una più a nord. "Ma non è operativa: è stata accesa solo per il collaudo, non attinge acqua", garantisce Giuseppe Alesso, direttore generale di Siciliacque, raggiunto da Fanpage.it. "Non c'è nessuna correlazione tra lo stato del fiume e le nostre attività, sia a livello di prelievi a fini idropotabili sia a fini idroelettrici", continua Alesso. L'8 luglio ha inviato una nota di replica all'Ente parco fluviale. E in copia l'ha spedita anche ai magistrati di Catania, non si sa mai. "Non sono le nostre captazioni il problema, le nostre sono tutte regolarmente autorizzate".

Il sottinteso è che ce ne siano di altre non autorizzate. Un tema che, in effetti, nella storia del fiume si è proposto anche in passato, vista anche – per esempio – la grande quantità di allevamenti nel territorio di Randazzo, proprio vicino al letto del torrente. Risalendo la secca, di sbarramenti che deviano l'acqua non se ne trovano. Semplicemente, all'improvviso, a Mojo Alcantara l'acqua scorre, poi rallenta e, in territorio di Castiglione di Sicilia, finisce. Nell'ultimo metro visibile di fiume, c'è un muro di contenimento crollato nell'acqua, nonostante la pesante rete di metallo che lo teneva unito. Dal groviglio di sassi e rami di alberi emerge un tubo nero che va oltre la sponda e si perde sottoterra. Ma già prima di lì il fiume ha smesso di fare rumore da un po'.

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