Alberto Scagni, i genitori su richiesta archiviazione del fascicolo bis: “Versioni contrastanti dal 112”
Si terrà domani, martedì 5 marzo, davanti al Gip l'udienza sul fascicolo bis su 112 e centro di Salute Mentale per Alberto Scagni, il 40enne che il 1 maggio del 2022 uccise la sorella Alice a coltellate. In una memoria depositata nei giorni scorsi si chiede alla giudice delle indagini preliminari di valutare le registrazioni di alcune telefonate che i genitori di Alice e Alberto Scagni avevano avuto con il 112 poco prima dell'omicidio e le intercettazioni degli interrogatori durante i quali gli agenti si sarebbero contraddetti su quanto riferito ai familiari del 40enne prima della tragedia.
La valutazione servirà per decidere sull'eventuale archiviazione richiesta della Procura per le indagini riferite al fascicolo "bis" relativo all'omicidio di Alice Scagni per mano del fratello. Antonella Zarri e Graziano Scagni, infatti, avevano denunciato il personale della Questura che aveva raccolto le loro telefonate allarmate nel giorno del 1 maggio del 2022 e la dottoressa del centro di Salute mentale della Asl3 che diverse settimane prima del delitto aveva ricevuto i parenti dell'assassino. All'incontro aveva partecipato anche la vittima, che si era detta "preoccupata per le condizioni del fratello".
La seminfermità mentale per Alberto Scagni
Dopo l'omicidio, l'uomo è stato sottoposto a processo, durante il quale è stato ritenuto semi-infermo mentalmente e condannato a 24 anni e 6 mesi di reclusione. Per i legali che assistono Zarri e Scagni, i due agenti che gestirono la richiesta di aiuto dei coniugi si sarebbero chiaramente contraddetti davanti ai pm. Il capoturno avrebbe infatti detto di aver coordinato lui stesso l'intervento a casa della nonna di Alberto Scagni il giorno prima del delitto per un incendio alla porta dell'appartamento dell'anziana. L'uomo ha inoltre affermato "di non aver subito collegato la chiamata dei coniugi a quell'intervento richiesto il giorno prima".
Negli audio degli interrogatori sarebbe invece evidente che il capoturno "avesse collegato Alberto Scagni all'intervento fatto circa 12 ore prima per il fuoco appiccato alla porta della nonna del 42enne". Secondo quanto reso noto, infatti, nello sua stessa annotazione Scagni veniva definito "il nipote psichiatrico della vittima". "Su tali contraddizioni tra gli indagati, la Procura "non avrebbe fatto osservazioni" nonostante l'evidenza di versioni differenti dalla realtà dei fatti.
In un caso di minaccia grave di morte con "sospetto psichiatrico", così come era stato definito Alberto Scagni, gli operatori avrebbero potuto e dovuto accertare i precedenti interventi sul 42enne. "Avrebbero potuto accertarsi delle sue segnalazioni al centro di salute mentale e stimare correttamente la gravità e l'urgenza della situazione, individuando subito Alberto". Secondo Zarri e Graziano Scagni, dunque, un intervento di questo tipo avrebbe potuto salvare Alice.
Il capoturno avrebbe ammesso inoltre a più riprese di non aver letto le circolari sui metodi operativi da seguire quando al centralino arrivano richieste al 112. Secondo quanto si legge nella memoria depositata, l'agente avrebbe "cercato di dipingere un quadro lavorativo caratterizzato dall'emergenza, frenesia e precarietà" solo "al fine di giustificare la sua inerzia nei confronti dei richiedenti".
L'archiviazione per gli indagati di 112 e Salute Mentale sarebbe stata chiesta perché per la Procura, la mancanza di una denuncia alla polizia o all'autorità giudiziaria ha impedito la conoscenza di tutte le circostanze dei fatti utili ad inquadrare la situazione, comunque note al 112 nel momento in cui i coniugi Scagni avevano telefonato per la richiesta di aiuto e per lanciare l'allarme; soprattutto alla luce dell'intervento effettuato il giorno prima per l'incendio appiccato da Alberto alla porta di casa della nonna.
Procura impugna la sentenza di primo grado contro Alberto Scagni
Nel frattempo, la Procura di Genova ha impugnato la sentenza di condanna a 24 anni e sei mesi per Alberto Scagni. La Corte d'assise, presieduta dal giudice Massimo Cusatti, aveva dichiarato l'assassino seminfermo di mente e aveva escluso l'aggravante della crudeltà e del mezzo insidioso.
La pm Paola Crispo ha invece impugnato la sentenza proprio sull'esclusione dell'aggravante e sul riconoscimento del vizio parziale di mente, poiché secondo il suo consulente, Alberto era totalmente capace di intendere e di volere. Scagni aveva un appuntamento al Centro di salute mentale fissato al 2 maggio 2022, un giorno dopo il delitto.