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Alba, organizza raid punitivo e massacra di botte il fidanzato del figlio gay

L’uomo, uno stimato professionista della zona, non appena ha scoperto che il figlio frequentava un giovane marocchino, ha cercato di dissuaderlo in tutti i modi. Non riuscendoci, ha atteso una notte, assieme a un complice, il ragazzo a un distributore di benzina di Benevello, armato di mazza.
A cura di Redazione
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arrestato hitler carabinieri

Non sopportava che il figlio neodiciottenne fosse omosessuale e frequentasse un ragazzo marocchino, poco più grande. Così ha deciso di porre fine a quella relazione a modo suo: mettendo in piedi una vera e propria spedizione punitiva. È accaduto ad Alba, in provincia di Cuneo. L'uomo, uno stimato professionista della zona, non appena ha scoperto che il figlio frequentava il giovane, ha cercato di dissuaderlo in tutti i modi. Non riuscendoci, ha atteso una notte, assieme a un complice, il ragazzo marocchino a un distributore di benzina di Benevello. Il giovane, infatti, aveva un appuntamento con il diciottenne non lontano. Il padre era riuscito a saperlo e aveva ingaggiato un amico, un artigiano di Alba, per portare a termine la spedizione.

I due, armati di mazza e pistola, hanno quindi aspetttato al distributore il ragazzo marocchino e poi lo hanno riempito di botte. Un amico del giovane che era con lui in macchina è finito in ospedale, con una prognosi di tre mesi. Dopo averli picchiati, i due aggressori si sono dileguati. Inizialmente il padre del diciottenne e il complice avevano sbagliato bersaglio: avevano fermato una macchina e, dopo averne spaccato i finestrini e picchiato il conducente, si sono accorti che all'interno non c'era chi cercavano.

Il blitz punitivo risale a circa due settimane fa: inizialmente si era pensato a una banda di rapinatori. I carabinieri di Cortemilia che indagavano sul caso, però, sono riusciti a far emergere la verità e a identificare gli autori della spedizione, esaminando le telecamere attive in zona e ascoltando le testimonianze delle vittime. Il padre del diciottenne e il suo complice sono stati denunciati per lesioni, minacce aggravate e danneggiamento. L'uomo, interrogato, non ha ammesso nulla.

Per Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay, si tratta di "un episodio di gravità inaudita, un allarme che deve essere affrontato con urgenza dal Parlamento". Questo caso, ha aggiunto, "accende ancora una volta i riflettori sul l'omotransfobia del nostro Paese e sul livello di legittimazione sociale e culturale su cui questo fenomeno puo' contare. Questi sono gli episodi per fronteggiare i quali chiediamo una legge contro l'omotransfobia che punisca con severita' atti di questo tipo che non possono essere incasellati solo come aggressioni e violenza privata, ma che devono essere trattati per quello che sono, cioè crimini d'odio. Servono perciò specifiche aggravanti, le stesse che chiediamo da anni, invano, alla politica. L'assenza di queste aggravanti contribuisce a derubricare come meno gravi le aggressioni a sfondo omotransfobico, creando un ignobile senso di tolleranza e legittimazione culturale rispetto a queste violenze. Di tutto questo fanno le spese giovani ragazze e ragazzi, la cui unica colpa è di voler vivere liberamente i propri affetti".

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