Aids, in Italia nel 2014 ben 3.695 nuovi casi. Il test? Sono in pochissimi a farlo
Il primo dicembre è la giornata mondiale per la lotta contro l'Aids. La prima volta che è stata celebrata era il 1988, un periodo in cui di virus Hiv, contagio e prevenzione si parlava tantissimo. Adesso l'attenzione è piuttosto calata: sono finite le campagne di informazione e sensibilizzazione, con la conseguenza che di Aids, diagnosi, rischi e terapia si sa sempre meno, specialmente tra i più giovani. Il virus è per lo più considerato una malattia sconfitta, un ricordo del passato.
Eppure, secondo gli ultimi dati contenuti in un rapporto Oms Europa-Ecdc, il numero delle infezioni negli ultimi anni è tornato ad aumentare anche in Europa dove nel 2014 si sono toccati livelli più alti degli anni '80. Solo lo scorso anno ci sono stati 142mila nuovi contagli in 53 paesi, circa 30mila nella sola Ue. Le infezioni dovute a rapporti omosessuali sono il 42% (erano il 30% nel 2005), quelle a rapporti eterosessuali sono il 32%, mentre quelle dovute a droghe iniettabili sono appena il 4,1%. A subire maggiormente il contagio, secondo l'Oms, sono gli uomini, il cui tasso è 3,3 volte superiore rispetto alle donne.
A livello mondiale, il report annuale di Unaids – il programma Aids delle Nazioni unite, ha registrato un calo delle morti per Hiv, scese del 42% rispetto al 2004 (quando ci fu un picco), e anche del numero degli infetti- diminuiti del 35% dal 2000. L'obiettivo dell'Unaids è sconfiggere il virus entro il 2030. Il numero di malati nel mondo è di circa 40 milioni, di cui 15 milioni hanno accesso alle terapie anti retrovirali. Ma di queste, nella pratica, solo il 25% aderisce correttamente alle cure e ne beneficia. In Italia e nei paesi occidentali intorno al 50%.
I dati in Italia
Secondo i dati dell'Istituto superiore di sanità-CoA (Centro Operativo Aids), nel 2014 in Italia 3.695 persone hanno scoperto di essere Hiv positive, pari a 6,1 nuovi casi di sieropositività ogni 100 mila residenti. Un numero che colloca il nostro paese al 12esimo posto nell'Ue. Dall’inizio dell’epidemia (nel 1982) a oggi sono stati segnalati oltre 67.000 casi di Aids, di cui circa 43.000 sono deceduti.
L'incidenza maggiore lo scorso anno è stata nel Lazio, in Lombardia e in Emilia Romagna. A essere colpiti, anche nel nostro paese, sono prevalentemente gli uomini: il 79,6% dei casi nel 2014, con un'età media di 39 anni. Per le donne la percentuale è più bassa, così come l'età (36 anni). La fascia maggiormente soggetta al virus, comunque, è quella delle persone tra i 25 e i 29 anni, per cui sono stati registrati 15,6 nuovi casi ogni 100.000 residenti. Il 27,1% delle persone diagnosticate sieropositive è di nazionalità straniera: nel 2014, l’incidenza è stata di 4,7 nuovi casi ogni 100.000 tra italiani residenti e di 19,2 nuovi casi ogni 100.000 tra stranieri residenti, soprattutto in Lazio, Molise, Sicilia e Campania.
L'84,1% delle segnalazioni di nuove infezioni da Hiv riguarda rapporti sessuali senza preservativo (omosessuali 40,9%, eterosessuali maschi 26,3%, eterosessuali femmine 16,9%).
Manca informazione e in pochi fanno il test
Nonostante i numeri alti, gli italiani sono restii a fare il test. Secondo Iss e CoA, il 26,4% delle persone ha eseguito il test Hiv per la presenza di sintomi correlati all'Hiv, il 21,6% in seguito a un comportamento a rischio non specificato. Il 10% ne è venuto a conoscenza nel corso di accertamenti per un’altra patologia.
Se nel 2006 il 20% dei pazienti non sapeva di essere sieropositivo, nel 2014 questa quota è salita al 71,5%. Oltre 7 malati su 10, praticamente, non sanno di esserlo fino alla diagnosi di Aids conclamata. Ciò significa che nel 2014 meno di un quarto delle persone diagnosticate con Aids ha eseguito una terapia antiretrovirale prima della diagnosi, perché inconsapevole della propria sieropositività.
Questi dati vanno di pari passo con quelli raccolti dalla Lila – Lega italiana per la lotta contro l'Aids, secondo cui il 20,62% delle 5.703 persone che hanno chiamato i loro centralini tra il 30 settembre 2014 e il 30 settembre 2015 non avevano mai fatto il test dell'Hiv. Una percentuale che sale al 36% nello studio "Questionaids" condotto insieme al Dipartimento di Psicologia dell'Università di Bologna su un campione di popolazione generale. Secondo il presidente della Lila Massimo Oldrini "Fare il test rappresenta un problema per sempre più persone, si tratta di un dato che va di pari passo con il fatto che in Italia oltre il 50% delle persone scopre di avere contratto l’Hiv in una fase molto avanzata dell’infezione". Nel nostro paese "continuano a mancare completamente programmi nazionali di informazione e prevenzione nonostante ogni anno contraggano l'Hiv circa 4000 persone. Sappiamo che molte persone che hanno avuto rapporti sessuali a rischio evitano di fare il test perché spaventate dalle frequenti discriminazioni e dall’isolamento che seguirebbero un eventuale esito positivo per questo anche le attività di contrasto allo stigma possono favorire la prevenzione".
Ma c'è anche un'altra faccia della medaglia nella mancanza di informazione sul contagio da Hiv: il 6,86% delle 5703 chiamate arrivate al servizio di counseling telefonico della Lila tra il 30 settembre 2014 e il 30 settembre 2015 sono state fatte da "worried well", persone ossessionate dal virus. Erano il 6,33% nel 2014. Sono soggetti che cercano "attivamente di ottenere informazioni sulla malattia da qualunque fonte" e "cercano continuamente e spasmodicamente conferme al fatto di non essere state contagiate e si sottopongono ripetutamente al test", pur non avendo messo in atto comportamenti a rischio.