Ai genitori il 9 ottenuto dal figlio a scuola non basta. Ricorso al Tar: “Merita 10”
Una coppia di genitori di Canicattì, nell'Agrigentino, ha presentato ricorso al Tar di Palermo perché all'esame di terza media il figlio ha ottenuto la licenza con la votazione di “ottimo”, pari a 9. Per loro quel voto non rappresentava però la preparazione del ragazzino che, a loro dire, avrebbe dovuto prendere “eccellente”, ovvero 10. La coppia ha quindi chiesto ai giudici di annullare il verbale dei giudizi sulle prove di esame della scuola "Giovanni Verga" e consentire al figlio di ottenere un voto più alto: dieci su dieci. Ma i giudici della prima sezione del Tar presieduta da Calogero Ferlisi (Aurora Lento, consigliere, estensore Roberto Valenti, consigliere) hanno respinto le richieste della coppia. “Come noto, la scuola, nel valutare la preparazione degli alunni, non applica scienze esatte che conducono a un risultato certo ed univoco, come si verifica ad esempio nei casi di accertamento dell'altezza di un determinato candidato o del grado alcolico di una determinata sostanza, – si legge nella sentenza dei giudici – ma formula un giudizio tecnico connotato da un fisiologico margine di opinabilità, per sconfessare il quale non è sufficiente evidenziare la mera non condivisibilità del giudizio, dovendosi piuttosto dimostrare la sua palese inattendibilità”.
Quali erano i voti del ragazzino – I giudici hanno quindi riportato tutti i voti conseguiti dallo studente: 10/10 nella prova d'italiano; 10/10 nella prova di matematica; 8/10 nella prova di francese; 8/10 nella prova d'inglese; 9/10 nel colloquio pluridisciplinare. “Il voto finale di 9/10 si presenta, pertanto, coerente con quelli di ammissione e con quelli conseguiti nelle prove d'esame, tanto più che il voto di 10/10 presuppone il raggiungimento dell'eccellenza in tutte le prove – proseguono i giudici – Sotto questo profilo, valga, in particolare, il riferimento fatto nei giudizi sulle lingue straniere (inglese e francese) alla circostanza che l'elaborato era per lo più e non totalmente corretto”. Per tutto questo, alla fine, i genitori del ragazzino si sono dovuti “accontentare” del 9 portato a casa dal figlio e sono stati condannati a pagare le spese legali quantificate in mille euro.