Aggredita l’attivista trans Porpora Marcasciano: “L’intolleranza cresce soprattutto nei giovani”
Porpora Marcasciano, consigliera comunale di Bologna e presidente della Commissione Pari opportunità, è stata vittima di un'aggressione transfobica mentre si trovava in una spiaggia sulla costa Adriatica, in Abruzzo. Cinque ragazzi l'hanno accerchiata e minacciata con un coltello, dicendole che l'avrebbero sgozzata. "Ho provato un senso di vuoto e frustrazione, di episodi così è piena l'Italia".
Ci puoi raccontare l'aggressione di cui sei stata vittima?
Sono stata aggredita in una spiaggia che frequento da tredici anni e dove non mi era mai successo nulla. Quella mattina era partita come ogni giorno: sono arrivata, ho preso il sole e ho fatto il bagno. Alle 13 sono andata a mangiare in un chiosco a cento metri, sono stata via un'oretta. Al mio ritorno ho visto che c'erano delle persone a fianco al mio ombrellone. Si trattava di cinque ragazzi tra i venti e i venticinque anni, uno in particolare era seduto su uno scoglio ed era attaccato a me.
Cos'è successo quando ti hanno vista?
Mi hanno subito rivolto la parola, hanno cominciato a chiacchierare. Soprattutto quello vicino a me faceva domande, ma non mi ispirava fiducia e non avevo voglia di parlarci. A un certo punto mi dice ‘Sai, sono stato in galera', e mi mostra questo portafoglio pieno di soldi, dicendo che dentro c'erano 4mila euro. Ho capito subito che qualcosa non andava, mi sono messa sotto l'ombrellone per smorzare la situazione, lui farfugliava, mentre gli altri si aggiravano lì intorno. Ha cominciato a tirarmi dei sassolini, era alle mie spalle e credo mi abbia anche sputato. Mi ha cominciato a inquietare.
Poi all'improvviso ha fatto un balzo di due metri e mi si è seduto accanto. Ha tirato fuori un coltello e mi ha detto: ‘se solo mi sfiori ti taglio la gola'. Mi sono alzata, lui continuava a ripetermi che se lo avessi sfiorato mi avrebbe tagliato la gola. Il problema è che io indietreggiavo e lui avanzava, lo stava facendo apposta perché cercava un pretesto per colpire. La situazione è diventata sempre più pesante, mi ha detto: "hai paura vero" e continuava a mostrarmi il coltello. Ero frustrata e non sapevo cosa fare.
Gli altri ragazzi che facevano?
Uno si è cominciato ad avvicinare, un altro mi guardava e il resto del gruppo mi girava intorno. Mi hanno detto "qui non ci puoi stare, te ne devi andare". Io mi muovevo molto lentamente perché avevo paura che qualsiasi scatto, qualsiasi mossa veloce, potesse far scattare l'aggressione. Ho chiuso l'ombrellone, ho messo lo zaino in spalla e ho lasciato delle cose lì, non le ho prese. Sono andata via piano, e quello che aveva iniziato il tutto mi ha urlato "voglio vedere se chiami la polizia".
Nessuno è intervenuto?
La spiaggia è poco frequentata, ci vado proprio per quello. A quell'ora non c'era molta gente, i più vicini erano una coppia di ragazzi ma erano a venti metri da me. Il problema è che se avessi gridato o fatto qualcosa sarebbe successo quello che non doveva succedere. Lui era attaccato a me con il coltello il mano e aspettava solo una minima reazione per colpire. Tanto che ho cercato di muovermi lentamente, di parlare il meno possibile e non guardarlo negli occhi.
Lì il telefono non prende, ho pensato di andare al chiosco poco distante ma avevo paura che mi seguissero. Ho preso la macchina e sono scappata, da lì ho chiamato mia nipote da cui ero ospite e le ho raccontato l'accaduto. Sono tornata a casa, dopo la paura mi è salito un senso di vuoto, frustrazione e impotenza, lo stesso sentimento che mi governava quando sono stata aggredita. Ho dovuto lasciare io la spiaggia, avrebbero dovuto farlo loro.
Sei ritornata in quella spiaggia?
Ero indecisa nei giorni successivi se tornarmene a Bologna. Alla fine sono rimasta, sono andata in altre spiagge, ma l'ultimo giorno di permanenza mia nipote mi ha detto che non potevo andare via così e saremmo tornate lì insieme. Ci siamo fermate al chiosco e abbiamo raccontato ai ragazzi cos'era successo. Si è scoperto che quegli stessi giovani che mi hanno aggredita hanno importunato le ragazze che stavano al bar, tanto che i gestori hanno dovuto chiamare i carabinieri.
Aver bloccato il Ddl Zan ha un peso in queste vicende?
Certo. Le aggressioni omofobe e transfobiche sono in aumento da anni, ma almeno avrebbe messo una paura in questi soggetti. Il linguaggio d'odio seminato dalla politica in questi ultimi vent'anni ha portato a questo, che è un fenomeno molto italiano tra l'altro ed è in crescendo. Tre sere fa un consigliere di un quartiere di Bologna è stato aggredito da un gruppo di giovani mentre passeggiava col cane, gli hanno urlato ‘frocio' e ‘stronzo'. Di episodi così è piena l'Italia, ma la gente non lo dice: quando accadono in un piccolo centro o in una città di provincia dove ci si conosce, prima di denunciare ci si pensa non due, ma tre volte. Perché spesso si passa da essere accusatore ad accusato. Succede con le donne, figuriamoci con le persone gay, lesbiche e trans.
L’Italia fino allo scorso anno era al primo posto per omicidi e crimini contro le persone trans. Le cose stanno peggiorando?
Decisamente, è un'onda omofobica e transfobica che cresce nel tempo e specialmente nei giovani. Questo va detto. Non è un caso che nelle ricerche fatte sul bullismo la parola più utilizzata nelle scuole dai bulli è ‘frocio'. Le cose sono collegate, chi non le vuole vedere sono le destre e i fondamentalisti cattolici. In questi giorni in privato mi hanno scritto tantissime persone, madri, padri, fratelli e sorelle di ragazzi che a scuola sono additati e perseguitati. Non so cosa ci vuole per farlo capire.
La politica ha una responsabilità?
Si, e anche grande. Basti pensare che quando il Ddl Zan è stato bloccato ci sono state risate e salti di gioia. Nei programmi delle destre estreme si continua a parlare di questa fantomatica ‘teoria gender', che devono ancora spiegarci cosa significa. Omosessuali e transessuali sono additati come coloro da combattere. Bisogna agire, intervenendo e bloccando innanzitutto il linguaggio d'odio, di cui alcuni politici sono responsabili. La storia si ripete, ha un suo flusso. Io sono stanca di ripetere le motivazioni, ma è possibile che ogni volta dobbiamo dire le stesse cose, denunciare gli stessi atti, passiamo la vita a fare questo?