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Omicidio Agata Scuto

Agatina Scuto, dal diario segreto alla gravidanza nascosta: cosa sappiamo sul movente dell’omicidio

Dopo quasi dieci anni dalla scomparsa di Agata Scuto, Rosario Palermo è stato arrestato con la peggiore delle accuse. Proprio partendo dalla spiegazione criminologica relativa all’esteriorizzazione di un suo dialogo interiore, vagliamo tutti gli elementi chiave dell’inchiesta.
A cura di Anna Vagli
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Agatina Scuto, 22 anni all’epoca della scomparsa, rischiava di essere dimenticata come tutte le donne che, prima di lei, erano andate ad ingrossare il regno dei casi irrisolti. Per fortuna, però, non esistono delitti perfetti e certe ferite non vanno mai in prescrizione. Quindi, dopo quasi dieci anni, per la morte di quella giovane ragazza con deficit cognitivi e fisici, è stato fermato l’ex compagno della madre. Rosario Palermo, detto Saro, avrebbe confessato le sue responsabilità verbalizzando un proprio pensiero in automobile. E proprio partendo dalla spiegazione criminologica di un simile atteggiamento, incentrato sull’esteriorizzazione di un dialogo interiore, vagliamo tutti gli elementi chiave dell’inchiesta.

 Il monologo in automobile di Rosario

“Abbiamo trovato la ragazza, morta.. il corpo l’abbiamo trovato in un casolare nelle campagne di Pachino.. l’abbiamo trovata strangolata. È morta strangolata e bruciata. E ora ci facciamo l’autopsia”.

Il fatto che Saro abbia parlato a voce alta, a bordo della sua automobile, denota sicuramente uno stato psichico contraddistinto dalla necessità impellente di esteriorizzare, cioè di manifestare a voce alta il proprio contenuto mentale ed emotivo di quel frangente.

Lo ha fatto verosimilmente per liberarsi di un peso, impulsivamente e sotto la pressione di fattori stressanti. In altri termini, si è reso oggetto della propria riflessione così come avrebbe potuto essere percepita da un qualsiasi interlocutore esterno. Come se si fosse oggettivato, ma nella piena convinzione di non essere sentito da nessuno. Anche se, in realtà, proprio in quel frangente gli interlocutori erano presenti sotto forma di cimici.

Il diario di Agata

Agata aveva un diario nel quale annotava le vicissitudini quotidiane, faceva piccoli disegni e riportava mensilmente la data del ciclo mestruale. E proprio quest’ultima costituisce, e costituirà, un elemento cruciale, se non addirittura dirimente, nell’inchiesta. Difatti, sia come risulta dalla sua agenda sia dai racconti della madre, Agata non aveva le mestruazioni da ben due mesi. Un dato sicuramente non trascurabile se messo in stretta correlazione con quel che può essere identificato come il movente dell’omicidio.

Il movente

Agata, come anticipato, aveva un ritardo di due mesi in relazione al flusso mestruale. Dunque, è verosimile che potesse trovarsi in stato interessante come conseguenza della relazione sessuale perversa che aveva con il patrigno. E, quindi, proprio la gravidanza, non certamente desiderata, potrebbe aver determinato Rosario Palermo ad eliminare la ragazza con la quale coltivava una relazione malata nella casa di quella che, all’epoca, era la sua convivente.

La cartellina

Dall’abitazione sarebbero inoltre scomparsi alcuni documenti che Agata custodiva all’interno di una cartellina. Quest’ultima veniva utilizzata dalla ragazza per conservare tutte le certificazioni mediche nonché i documenti relativi alla propria pensione di invalidità. Perché qualcuno, verosimilmente Saro, avrebbe avvertito la necessità di farli sparire? Cosa contenevano quei fogli?

La denuncia di scomparsa

Quando Agata scomparve, senza una reale motivazione, la madre – contestualmente alla relativa denuncia presentata dal fratello – aveva dichiarato di averla lasciata a casa, ma di non averla ritrovata al suo ritorno. A rendere ancor più terribile  questa vicenda aveva contribuito il ritiro della denuncia proprio sulla scorta di quanto affermato Rosario Palermo. Quest’ultimo, oggi indagato per omicidio aggravato ed occultamento di cadavere, aveva raccontato agli inquirenti di aver più volte incontrato Agata  per strada dopo la sua scomparsa, talvolta a bordo di un motorino o in auto con un ragazzo biondo. Probabilmente straniero. Con il chiaro e ripetuto tentativo di depistare le indagini e convincere i parenti della giovane donna che si fosse allontanata volontariamente. Nonostante i familiari avessero sempre sostenuto come quest’ultima, anche in considerazione delle patologie delle quali era affetta, non uscisse mai di casa da sola né intavolasse relazioni di qualsiasi tipo con persone sconosciute al più ristretto nucleo relazionale.

Le conversazioni tra Rosario e l’amico Bastiano

Rosario Palermo non è stato intercettato soltanto mentre verbalizzava i suoi dialoghi interiori, ma anche in una conversazione telefonica con l’amico Bastiano. Ed anche il contenuto relativo a questa intercettazione è aberrante e la dice lunga sul ruolo avuto dall’uomo nella scomparsa di Agata. «[…] Mi arrestano. Si sono portati tutti i telefoni. […] Io con questa ragazza ci scherzavo, ci facevo.. Lei mi diceva: “Ma tu lo vuoi fare un giro con me?” Se rintracciano queste parole sono rovinato».

 Il pezzo di metallo

I carabinieri di Acireale hanno appurato come Rosario avesse conservato un bottone di ferro, macchiato del suo sangue, in modo da farlo rinvenire agli inquirenti nelle campagne dell’Etna. Esattamente nel posto in cui aveva dichiarato di essersi trovato il giorno della scomparsa di Agatina. Nello specifico, infatti, aveva raccontato di essersi ferito ad una gamba – giustificando così il sangue sul pezzo di metallo – e di aver cercato di farsi confermare un simile alibi anche da alcuni amici.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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