Addio alla tv antimafia Telejato. Pino Maniaci: “Dopo la mia vicenda giudiziaria non abbiamo più fondi”
Dopo 33 anni di attività, Telejato ha dovuto interrompere le sue trasmissioni nella giornata di ieri giovedì 5 maggio. A staccare la spina all'impianto, Pino Maniaci, vulcanico proprietario della televisione siciliana e giornalista conduttore del TG. Negli anni, Telejato ha portato avanti una strenua lotta alla mafia riservando toni per niente gentili ai boss mafiosi. Nel 2016 il giornalista fu indagato dalla Procura di Palermo per estorsione e diffamazione: secondo l'accusa, Maniaci aveva ricevuto denaro e favori dai sindaci di Partinico e Borgetto. L'8 aprile del 2021 è stato assolto con formula piena perché "il fatto non sussiste". Dopo il colpo inferto a Telejato con la vicenda giudiziaria che per anni ha visto Pino Maniaci dietro la sbarra, la Tv anti-mafia ha dovuto staccare la spina perché non è riuscita a rientrare nelle graduatorie per le emittenti locali che potranno trasmettere con il Digitale terrestre di seconda generazione.
Per continuare a trasmettere, Telejato dovrebbe pagare 40.000 euro, una cifra enorme per una piccola rete a conduzione familiare che vive di pubblicità. La tv di Pino Maniaci, inoltre, nonostante l'importante ruolo sociale e il costante impiego di giovani, non ha mai ricevuto fondi pubblici: questo rappresenta un ulteriore ostacolo per la sopravvivenza e la conservazione di uno spazio sul quale continuare ad andare in onda. "Non siamo gli unici che non sono riusciti ad accedere. Altre reti in graduatoria non hanno comunque ottenuto gli spazi, perché la verità è che non ci sono per tutti. Per poter trasmettere dovrei trovare un gestore privato che abbia ancora disponibilità e pagare 3.500 euro al mese, soldi che allo stato attuale non abbiamo. Telejato poi ha avuto problemi con il conto corrente riferito all'Associazione Marconi che si occupa delle spese della Tv: nel 2016, infatti, a causa delle vicende giudiziarie non ho potuto incassare i proventi delle pubblicità. Questo ha reso la nostra situazione irregolare dal punto di vista dell'andamento dei conti e non abbiamo potuto accedere alle graduatorie." ha raccontato Pino Maniaci in un'intervista a Fanpage.it.
Perché Telejato non è rientrata nella graduatoria delle emittenti locali che potranno trasmettere col Digitale terrestre di seconda generazione?
Dobbiamo partire da molto lontano. Il 5 maggio del 2016, una data che per me è Waterloo, inizia la mia vicenda giudiziaria. Io sono stato allontanato dalle province di Palermo e Trapani. L'Associazione culturale Marconi gestisce un conto corrente che serviva per le spese riguardanti il telegiornale. Raccoglievamo i proventi delle pubblicità, ma con il mio allontanamento non abbiamo più potuto incassare gli assegni. Quindi il conto è andato in perdita. Per fare domanda per il nuovo digitale terrestre mi è stato chiesto circa un anno fa un attestato della regolarità bancaria dei conti dell'associazione Marconi. Noi non eravamo nelle condizioni di presentare un requisito simile, inoltre in qualità di onlus Telejato non ne aveva mai avuto bisogno. Nonostante tutto, il Ministero mi ha tenuto fuori dalla graduatoria perché non rispondevo a quel requisito.
Quante altre emittenti sono rimaste fuori?
In Sicilia circa 60 o 70 emittenti, in Italia almeno 400. Non ci sono gli spazi per tutti, questa è la verità. Adesso abbiamo il cosiddetto gestore unito: in Sicilia gli impianti sono stati spenti perché di fatto le concessioni sono state divise tra Rai e Mediaset tramite bando. Per la diffusione di secondo livello si paga circa 40mila euro all'anno. Pur avendo i requisiti, non tutte le televisioni riescono ad accedere al digitale perché Rai e Mediaset non hanno disponibilità per tutti. La provincia di Catania, quella di Ragusa e quella di Siracusa sono rimaste con la metà delle reti: per non disturbare la regolare trasmissione dei canali di Malta, infatti, abbiamo dovuto rinunciare agli spazi. Una situazione paradossale. A quel punto, io e i rappresentanti di altre emittenti escluse ci siamo recati davanti al Mise, davanti al Parlamento e al Ministero. Nonostante tutte le nostre battaglie, sono andati avanti come treni con lo switch off. Con il decreto Milleproroghe era passato un emendamento per lo switch off al 30 giugno, ma nonostante questo abbiamo dovuto staccare la spina il 5 maggio perché la proroga è stata ignorata.
E quindi cosa è successo?
Ho chiesto al Ministero cosa potessi fare per passare al digitale terrestre con la mia tv. Ci hanno risposto che dobbiamo pagare 40mila euro: entro la fine di giugno potrei stipulare un contratto con un gestore privato che ha ancora spazi di trasmissione, ma devo avere quei soldi. Dovremmo pagare circa 3.500 euro al mese e non li abbiamo in quanto tv comunitaria e non commerciale. Come è noto abbiamo infatti possibilità di pubblicità molto inferiori rispetto alla Tv commerciale che può trasmettere consigli per gli acquisti quando vuole. Per fare fronte alle spese dovrei rivendere gli spazi attuali a circa 600 euro, ma mi servirebbe un intero anno per riorganizzare tutto. Adesso, senza una programmazione delle nuove tariffe, non abbiamo la possibilità di pagare quei 40mila euro.
Telejato non ha mai ricevuto fondi pubblici, eppure avrebbe potuto averli e sopravvivere al passaggio al digitale
Avremmo potuto, ma non abbiamo mai voluto. Il comune di Partinico, per esempio, dovrebbe affidare la pubblicità prima a Telejato perché trasmette dal territorio comunale. Noi però non abbiamo mai voluto quei fondi per mantenerci indipendenti sempre, in qualunque circostanza. Preferiamo l'aiuto della gente. Speriamo di poter raggiungere la somma con la raccolta fondi che abbiamo lanciato. Noi nel frattempo continuiamo a trasmettere online e in streaming, ma è stato tolto un importante bacino di utenza per il pubblico meno tecnologico che ci seguiva. Attualmente per alcune fasce del TG abbiamo fatto affidamento a TVM che ci garantisce alcuni spazi. Ovviamente paghiamo per le trasmissioni. Per poter andare in onda però ho dovuto promettere una versione più soft del tg, per non far ricadere le responsabilità su TVM. Questo però significa snaturare noi e il nostro intento sociale.