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“Abbiamo raccontato Dino Grandi per quello che è stato”: parlano gli sceneggiatori de La lunga notte

Franco Bernini, Bernardo Pellegrini, soggettisti e sceneggiatori, e Pasquale Chessa, consulente storico della miniserie tv La lunga notte, rispondono all’analisi della storia Patrizia Dogliani su Fanpage.it: “Grandi non fu un eroe e noi non lo abbiamo certo descritto come tale. Nel nostro racconto viene detto tutto quello che, documenti alla mano, i suoi avversari pensavano di lui”.
A cura di Ida Artiaco
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"Di Dino Grandi nel nostro racconto viene detto tutto quello che, documenti alla mano, i suoi avversari pensavano di lui. Lo ritenevano opportunista, arrampicatore, spregiudicato, arricchito grazie al regime, senza spina dorsale (giudizio quest’ultimo di Vittorio Emanuele III)".

A parlare sono Franco Bernini, Bernardo Pellegrini, soggettisti e sceneggiatori, e Pasquale Chessa, consulente storico della miniserie tv La lunga notte, andata in onda dal 29 al 31 gennaio scorsi su Rai 1 e dedicata alla figura di Dino Grandi, il gerarca fascista autore dell’ordine del giorno presentato alla riunione del Gran consiglio del fascismo del 24-25 luglio 1943 al termine della quale Benito Mussolini fu messo in minoranza.

A Fanpage.it hanno voluto rispondere all'analisi di Patrizia Dogliani, docente di Storia contemporanea presso l'Università di Bologna, che aveva sottolineato la presenza di alcuni errori storici all'interno della fiction.

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"La Lunga notte è un progetto di serie in tre stagioni che ripercorre le vicende dell’Italia dalla caduta del fascismo alla nascita della Repubblica, che per noi rappresenta il nuovo giorno. Nello scrivere la prima stagione ci siamo documentati su tutte le fonti possibili, abbiamo messo a confronto le testimonianze, vagliato tutto quanto è stato pubblicato sulla materia", hanno precisato in una nota.

"Questo ci ha permesso di tratteggiare Dino Grandi esattamente per quello che è stato: ex capo squadrista, gerarca del regime, corresponsabile di tutti i crimini del fascismo e tuttavia – piaccia o meno – artefice dell’ordine del giorno del Gran Consiglio che il 25 luglio 1943 mise in minoranza il dittatore e spianò la strada al successivo colpo di stato militare eseguito su ordine del re. Di Grandi nel nostro racconto viene detto tutto quello che, documenti alla mano, i suoi avversari pensavano di lui. Lo ritenevano opportunista, arrampicatore, spregiudicato, arricchito grazie al regime, senza spina dorsale (giudizio quest’ultimo di Vittorio Emanuele III). Grandi viene definito chiaramente fascista “come tutti gli altri, anzi peggio” nel confronto finale col giovane Italo Niccolai, personaggio di fantasia, antifascista e militante del Partito d’Azione, che nel tirare le somme della storia fa un elenco preciso ed esaustivo delle sue colpe, gli dice tra l’altro “So che hai comandato le squadracce nella Bassa Emiliana, che hai dei morti sulla coscienza” e conclude: “Avete rovinato l’Italia, avete fallito. È il nostro tempo ora”. Tutto questo mostra con chiarezza che Grandi non fu un eroe e che noi non lo abbiamo certo descritto come tale", hanno precisato gli sceneggiatori e il consulente storico, aggiungendo: "Semplicemente, ne abbiamo raccontato le motivazioni, come deve fare ogni autore nei confronti di tutti i suoi personaggi".

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Infine, una precisazione anche sulle figure femminili presenti nella fiction. "Riguardo alle protagoniste femminili: sia Maria José che Edda Ciano sono state narrate sulla base di quanto scritto su di loro e da loro, comprese lettere e diari, laddove esistenti, nel totale rispetto di quanto hanno testimoniato. Lo stesso è avvenuto per Clara Petacci, a proposito della quale vogliamo fare un'ultima precisazione: si separò il 28 luglio 1936 e ottenne l’annullamento del matrimonio – in Ungheria – il 29 dicembre 1941. Non c’è dunque nulla di strano che nel 1943 qualcuno la potesse chiamare signorina", hanno concluso.

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