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Morte Papa Francesco

“Così mi toglieva dall’imbarazzo quando lo incontravo in ascensore”: parla il ‘coinquilino’ di Papa Francesco

Monsignor Tino Scotti racconta al Corriere di Bergamo gli otto anni vissuti accanto a Papa Francesco nella residenza di Santa Marta: un rapporto quotidiano, fatto di semplicità, gesti concreti e vicinanza al popolo. Diversi gli episodi raccontati e una certezza: “Ha cambiato la postura della figura del Papa, e anche chi verrà dopo non potrà ignorarlo”.
A cura di Biagio Chiariello
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Otto anni trascorsi fianco a fianco con Papa Francesco, dopo averne passati trentuno all’interno delle mura vaticane, ricoprendo incarichi di grande responsabilità, tra cui quello di capoufficio della Prima Sezione della Segreteria di Stato. È questo il lungo cammino ecclesiastico di monsignor Tino Scotti, oggi settantenne, che ha condiviso con il Corriere di Bergamo i suoi ricordi più vivi e intensi del Pontefice argentino, con il quale ha avuto un rapporto quotidiano e profondo. Un rapporto nato per caso, o meglio, per una scelta precisa: “Perché lui decise di restare a vivere a Santa Marta, dov’ero cappellano delle suore, e abbiamo iniziato a celebrare insieme”, racconta Scotti.

Una decisione che ha segnato l’inizio di una frequentazione quotidiana, fatta di piccoli gesti e di grandi conversazioni. “Ci vedevamo tutti i giorni”, prosegue, ricordando con affetto il legame semplice e autentico con il Santo Padre. “Godeva quando poteva incontrare la gente comune. Arrivava il mattino con una bottiglia o una marmellata per una guardia o una suora che compivano gli anni, aveva una sacralizzazione del popolo – dice – mi chiese di far venire gente alla messa delle 7. I cardinali proponevano personalità di rilievo, ma lui voleva solo persone comuni. Iniziammo col personale vaticano: tremila persone che magari erano lì da anni e non avevano mai incontrato un Papa”.

All’inizio, racconta ancora Scotti, non fu facile abituarsi alla presenza del Papa come vicino di casa.

“C’erano le guardie, gli ascensoristi… era tutto un po’ ingessato. Ma lui eliminò ogni barriera: era normale incontrarlo in ascensore o vederlo prendere il prosciutto in mensa. Era diventato uno di noi, pranzava con il personale, parlava di tutto, anche di calcio. Un difetto? Gli piaceva scherzare, anche se a volte qualcuno si offendeva: da un Papa non te lo aspetti. Ma era anche severo, non lasciava correre nulla. A messa, se vedeva qualcuno distratto, diceva: se non le interessa, se ne vada”.

Un atteggiamento, quello di Francesco, ben diverso da quello del suo predecessore, Benedetto XVI:

Francesco aveva grande stima e affetto per lui, ma Benedetto metteva tutte quelle cose da faraone perché era timido. Il suo segretario gliele preparava, e lui non osava opporsi. Francesco, invece, diceva semplicemente di no, e la questione si chiudeva lì. Non ha mai avuto un segretario fisso perché sono figure che prendono troppo peso” ricorda Scotti.

E poi ci sono i ricordi più intimi, quelli che restituiscono l’immagine di un uomo profondamente umano, lontano dai fasti, vicino alle persone. “La prima Pasqua eravamo a tavola in una decina. Al momento di alzarsi disse: ‘alt, bisogna lavare i piatti'”. Un gesto che vale più di mille parole.

Il carattere diretto e il suo approccio informale gli hanno attirato anche qualche antipatia, soprattutto da parte dei tradizionalisti, ma Bergoglio, secondo don Tino, “non gli dava peso. Aveva già affrontato ben altre prove come provinciale dei gesuiti durante la dittatura argentina. Una volta incontrò i lefebvriani e disse: il problema di questi non è ecclesiologico ma psicologico. Diceva: ho sempre dormito tranquillamente. Ha assunto il compito con serenità”.

Non sarà ricordato tanto per i suoi discorsi, conclude Scotti, quanto per ciò che ha fatto, per i gesti concreti: “Incontrare carcerati, poveri, bambini, la semplicità: ha cambiato la postura del Papa. Questo condizionerà anche il successore, perché non si potrà più fare diversamente”, conclude nell'intervista al quotidiano.

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