A Torino in 2000 scendono in piazza per chiedere di fermare i bombardamenti su Gaza
Il corteo è guidato e composto per la maggior parte da appartenenti alla comunità musulmana, ma rigetta l'idea di una manifestazione ‘di musulmani'. "Non è questione di religione – spiega una manifestante – ma è una questione di umanità. Ci sono 2 milioni di persone bloccate nella più grande prigione a cielo aperto del mondo".
Una ragazza, che non vuole rendere noto il suo nome, racconta a Fanpage.it: "Sono nata e cresciuta a Torino e prego per i miei fratelli e le mie sorelle rimaste a Gaza a scavare con le mani per cercare i loro cari sepolti dalle macerie". Quando arriva la domanda ‘cosa pensi di Hamas', lei risponde "preferisco pensare a tutto quello che c'è stato prima, ai 70 anni di occupazione e al massacro che è in corso in queste ore. Gli israeliani si stanno vendicando su due milioni di persone per quello che è successo".
Il clima è tranquillo, ci sono tante famiglie, molte donne velate e altre con la kefiah, moltissimi uomini, sia anziani che giovanissimi, qualche fumogeno verde che viene acceso all'altezza di Corso Giulio Cesare. La manifestazione sfila nel cuore musulmano di Torino, in mezzo alle macellerie halal e ai bar gestiti da cinesi. Tra loro molte bandiere rosse, così come quella "Palestina Rossa, Palestina Libera" cui inneggiano il centinaio di giovani di provenienza centri sociali.
"La propaganda italiana si è allineata alla propaganda pro Israele – dice Sergio, uno dei più anziani che cammina in fondo al corteo con una grande bandiera di Rifondazione – e io non credo a quello che viene detto dai giornali occidentali. È una propaganda simile a quella che c'è sulla guerra tra Russia e Ucraina".