A Bologna riders al lavoro durante l’alluvione. CGIL: “Denunciamo le società di food delivery”
Auto a passo d'uomo su strade ridotte a fiumi di fango e detriti. Centinaia di chiamate ai vigili del fuoco da parte di cittadini in preda al panico, o in reale pericolo di vita. Ambulanza a sirene spiegate sui viali allagati che costeggiano i portici. Un'allerta meteo rossa diramata con largo anticipo. L'invito esplicito del sindaco Matteo Lepore a restare in casa e non uscire per nessuna ragione al mondo. E – in questo scenario apocalittico – decine di riders intenti a sfidare il maltempo per consegnare a domicilio le cene prenotate dai clienti sulle piattaforme di food delivery.
È quello che è accaduto sabato sera a Bologna, documentato da innumerevoli foto e video che circolano da ore sui social network. Immagini che mostrano la nuova "classe operaia" al lavoro: fattorini a bordo di bici e scooter con pesanti borsoni sulle spalle nonostante l'alluvione, sfidata indossando una leggera giacca impermeabile, per una manciata di euro e per non essere "penalizzati" dagli algoritmi a cui si affidano le società di consegna del cibo a domicilio.
Una situazione, quella che si è verificata sabato, resa possibile dalla deregulation in cui versa il settore del food delivery, con una sola società che adotta un contratto collettivo nazionale (Just Eat) e tutte le altre che invece sono libere di ricorrere a partite iva e prestazioni occasionali, come confermato – intervistata da Fanpage.it – da Gaia Stanzani, segretaria del NIDIL CGIL di Bologna.
Circolano sul web alcune foto e video di riders al lavoro sotto l'alluvione che sabato sera ha investito Bologna. Siete riusciti a capire quanti erano?
Finora non c'è stato modo neppure per noi di capire quanti lavoratori ci fossero in giro sabato sera durante l'alluvione, ma è un'informazione che chiederemo certamente alle società del food delivery, in particolare a Glovo e Deliveroo. A tal proposito abbiamo già richiesto un incontro formale presso il Comune di Bologna. Intendiamo chiarire assolutamente tutti questi aspetti.
In un comunicato stampa spiegate che sabato sera solo Just Eat ha sospeso le consegne. Questo avviene perché nel 2021 i rappresentanti di quella società e i sindacalisti di CGIL, Cisl e Uil hanno firmato uno storico accordo, dotando i lavoratori di un regolare contratto di lavoro a tempo indeterminato?
Sì. Tutti i lavoratori di Just Eat hanno sottoscritto un contratto di lavoro della categoria "merce e logistica". Tale contratto norma il loro rapporto di lavoro ed include tutti i diritti previsti dal lavoro dipendente, quindi anche ferie, malattia, riposo settimanale, Tfr, eccetera.
È grazie a quel contratto che sabato hanno potuto evitare di recarsi al lavoro durante l’alluvione? Esiste anche una clausola sul maltempo?
Con Just Eat è stato attivato un protocollo che prevede che, in caso di maltempo, i lavoratori e le lavoratrici siano esonerati dal lavoro. Just Eat è l'unica azienda che applica un contratto collettivo nazionale, mentre tutte le altre applicano forme contrattuali diverse.
Ci spiega come sono regolamentati i lavoratori delle altre piattaforme di food delivery?
Sostanzialmente si tratta di lavoratori a partita iva o a prestazione occasionale. Di conseguenza quando non lavorano non vengono retribuiti. In alcune piattaforme la mancata risposta alla chiamata di un cliente attribuisce inoltre un "punteggio" negativo che rende molto più difficile essere richiamati in altre occasioni, soprattutto nei turni più appetibili. Penso ad esempio alle cene dei weekend…
Perché non tutte le società di food delivery si dotano del contratto collettivo nazionale, come fatto invece da Just Eat?
Di fatto perché non esiste in Italia nessuna normativa che li obblighi a farlo nonostante dal 2018 ad oggi queste società abbiano perso molte cause legali a fronte delle rivendicazioni dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali: a Bologna, ad esempio, facemmo causa all'algoritmo usato da Deliveroo, vincendo. Insomma, nonostante siano trascorsi molti anni e vi siano molte sentenze a favore dei lavoratori non esiste ad oggi nessuna legge nel nostro Paese che obblighi le piattaforme ad adottare un contratto collettivo nazionale.
Quindi, paradossalmente, sabato sera quei riders potevano lavorare nonostante l'alluvione? Le società di food delivery non stavano commettendo alcun illecito nel farli lavorare in quelle condizioni?
Dal nostro punto di vista hanno commesso un reato. È infatti obbligo dei datori di lavoro tutelare sempre la salute e la sicurezza dei lavoratori. Non aver chiuso le piattaforme di prenotazione sabato sera, rendendole dunque accessibili ai consumatori come fosse stata una giornata qualunque, ha messo in serio pericolo la salute e sicurezza dei riders. Per questa ragione abbiamo deciso di presentare un esposto alla Procura della Repubblica affinché siano effettuate tutte le verifiche del caso per accertare eventuali responsabilità e profili penali dei comportamenti messi in atto dalle aziende di delivery.
Va però colmato un vuoto normativo, affinché le società siano obbligate ad adottare un contratto collettivo nazionale.
Sì. Come CGIL da tempo chiediamo che venga approvata una legge che cancelli le forme contrattuali precarie, specialmente laddove esistono contratti collettivi nazionali applicabili. Quello che è accaduto sabato sera è emblematico: non si possono mandare persone a lavorare durante un'alluvione devastante come quella che si è abbattuta su Bologna.