Riceviamo e pubblichiamo lo sfogo di una nostra lettrice:
"Gentile Fanpage, scrivo a voi perché siete tra i pochi che danno visibilità alle piccole realtà, non solo a scoop giornalistici legati a personaggi pubblici, infatti avete già trattato questi temi, ma vorrei che dedicaste qualche minuto della vostra attenzione per cercare di comprendere appieno chi sta vivendo questa situazione, da essere umano a un altro essere umano. La situazione è disperata, non c’è neanche da dirlo, penso sia ormai inutile stare a specificare ogni cosa che sta andando male nel nostro paese, specialmente da un anno a questa parte, e penso sempre agli altri, quindi per questa volta vorrei pensare e parlare di me.
Sono una studentessa di 21 anni, e in questo tempo ho comunque vissuto tanto, seppur nel mio piccolo. A 16 anni ho dovuto lasciare la scuola perché soffrivo di una fortissima depressione che mi ha portata a pesanti istinti suicidi e attacchi d’ansia quotidiani, e non riuscivo più ad affrontare la realtà scolastica senza sentirmi sempre peggio, perché isolata e vista come ‘quella strana’. Così, una volta risolti gran parte dei miei problemi, ho cominciato a lavorare, e pian piano mi sono sempre più ‘aggiustata’, tanto che a 19 anni ho deciso di riprendere in mano gli studi e mi sono diplomata in due anni da privatista presso un istituto pubblico della mia città. È stato difficile, ma davanti a me vedevo l’università, la voglia di studiare qualcosa che mi appassionasse e di non dover più accettare lavori da 40+ ore settimanali a 450€ al mese (altro problema gravissimo del nostro stato che però non ho intenzione di argomentare oltre).
Ebbene, il primo anno che ho dedicato allo studio è stato meraviglioso, ho avuto modo di mettermi alla prova, mi sono trasferita in città, ho fatto amicizia (cosa che non avevo quasi mai fatto prima perché vivevo in un paesino isolato e sono sempre stata senza amici a causa di ciò), ma tutto ad un certo punto è crollato.
Per i primi mesi di lockdown dello scorso anno stavo molto male, non mangiavo neanche più, nonostante ingrassassi comunque, ma fortunatamente due mesi sono passati relativamente in fretta, tra alti (pochi) e bassi (infiniti). Poi c’è stata l’estate che ha portato con sé lo stress degli esami, per il quale mi è stato prescritto lo Xanax, in quanto durante il primo lockdown mi erano tornati gli attacchi di panico di cui soffrivo anni prima, ed è diventato sempre più difficile fare tutto. È arrivata la prescrizione per degli antidepressivi, che però ho deciso di non prendere perché volevo affrontare i miei demoni da sola, come ho sempre fatto.
Passa il tempo e le cose non migliorano, ma ho speranza nell’università, d’altronde i contagi erano diminuiti durante l’estate e si parlava di didattica in presenza per le matricole. Avevo solo bisogno di quello: avevo bisogno di uscire, di conoscere persone e di sentire che avevo uno scopo. Ennesima martellata: didattica a distanza fin dall’inizio, io sono iscritta all’università da settembre e non l’ho ancora neanche vista.
Diventa sempre più difficile fare ogni piccola cosa, non riesco a seguire le lezioni a distanza e ho perso una diottria per ogni occhio a causa degli schermi che sono costretta a guardare tutto il giorno come sostitutivi della realtà, mi sento sempre stanca in ogni momento che passa, e continuo a prendere peso nonostante mangi poco, così mi rivolgo a una dietologa che mi manda in cura da una psicologa per i disturbi alimentari. Quelli in effetti mancavano all’appello.
Mi tornano in testa pensieri orribili, incubi ogni notte, tachicardie improvvise e attacchi di panico in cui non riesco neanche a parlare per chiedere aiuto. O piango o guardo il vuoto, non vedo una fine a tutto ciò, non riesco a concludere niente e anche lavarmi i denti sembra l’impresa più ardua sul pianeta. Non riesco a studiare, quindi non passo gli esami, non riesco a dormire, quindi sono troppo stanca per seguire le lezioni o per andare a camminare ‘nelle vicinanze di casa’ (come concesso dal DPCM numero ventordici), non ho uno scopo, sto male e sto tornando ad avere pensieri ed istinti che pensavo di essermi lasciata alle spalle da anni.
Insomma, queste zone, questi colori stanno portando dentro di me (e tantissime altre persone) un male che non eravamo pronti a sopportare di nuovo (o per la prima volta, per alcuni). Forse sarà banale, i miei genitori mi dicono che non si muore se per un po’ non si va a bere qualcosa con gli amici, io invece penso il contrario, perché non ce la faccio più. Siamo completamente abbandonati da questo stato che metterà sempre al primo posto la salute fisica rispetto a quella mentale, dove il cittadino medio, vedendo una persona che soffre di depressione, il massimo di empatia che dimostra è ‘Ma vai a fare una passeggiata e vedrai che starai meglio’. Ma lo sa che la depressione è una malattia e va curata? Lo sa che l’ansia può essere di reale impedimento per la vita? Lo sa che queste patologie diventano anche problemi fisici? Si rende conto che c’è gente che dovrà passare anni in terapia per superare tutto il male che ha vissuto quest’anno?
La cosa che mi fa rabbia (ormai unico sentimento che provo oltre alla tristezza da mesi) è quanto siamo ignorati, con quanta superficialità vengano affrontate certe tematiche.
Leggo spesso titoli di giornale palesemente clickbait che parlano del fatto che questa situazione sta portando danni psicologici a molte persone, ma di fatto, qualcuno fa qualcosa a riguardo? Ci sono psicologici che offrono sedute gratuite anche al di fuori del consultorio (accessibile fino ai 20 anni)?
La mia dietologa, quando mi ha consigliato di farmi seguire da uno specialista mi ha detto che in ospedale non si accettano prime visite psicologiche al momento. Perché? Perché se devo fare un controllo ginecologico di routine posso farlo, ma non posso andare da uno psicologo per un problema che mi sta uccidendo dentro?
Lungi da me dire di riaprire tutto quando ci sono ancora così tanti contagi, ma il minimo che si possa fare è offrire aiuti concreti a chi non ha le possibilità di farcela da solo. E no, non parlo dei numeri gratuiti di supporto psicologico, perché quando li ho chiamati per i miei problemi di ansia mi hanno suggerito delle tecniche che leggevo a dieci anni sul ‘Cioè’ per diminuire l’ansia prima delle interrogazioni. Servono aiuti veri, per persone vere che stanno male. Non ce la facciamo più, e questo mio messaggio è solo l’ultimo grido disperato d’aiuto prima che qualcuno (non dico me nello specifico, perché sto riuscendo a controllarmi abbastanza) faccia un gesto estremo.
Specialmente, vedo che noi studenti siamo sempre più stressati, più tristi, più stanchi. Siamo il futuro di questa nazione e ci stiamo sgretolando. Chissà quanti di noi sarebbero destinati a grandi cose, ma siano ad un passo dall’arrendersi alla vita perché non riescono più a sorridere; chissà quanti stanno mollando i loro percorsi di studi perché non riescono più a viverla in questo modo. Io stessa ho valutato di lasciare l’università e trovarmi un lavoro, anche una cosa piccola e sottopagata, giusto per potermi rendere utile e poter uscire di casa con la consapevolezza che sto facendo qualcosa.
Conosco fin troppe persone che stanno annegando pian piano, e non so come tenerli a galla, cercando di galleggiare io stessa.
NON CE LA FACCIAMO PIÙ, E SE SI CONTINUA COSÌ NON ‘ANDRÀ TUTTO BENE’.
Perfavore, io nel mio piccolo non posso fare molto, ma voi potete. Scrivete per chi non ha la voce, scrivete a chi ha le orecchie per ascoltare e gli occhi per leggere. Date un po’ di consapevolezza in più a tutta quella gente che non riesce a vedere quanto stiamo male e quanto abbiamo bisogno di aiuto".
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