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Opinioni

25 aprile, il partigiano Lampino: “La Resistenza ha scritto la Costituzione, l’Italia l’ha dimenticata”

“Ci dissero che avremmo dovuto aumentare le azioni, arrivare fino in città, perché il fascismo stava togliendoci tutto e non c’era altro da fare”
A cura di Saverio Tommasi
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Ho conosciuto Marino Pedani qualche tempo fa, l’ho interrotto mentre “governava i polli” nell’orto e ci siamo messi a parlare di Resistenza, di scuola e di Mussolini.
Marino Pedani, nome di battaglia Lampino, quado lo conobbi già sentiva poco, il nuovo apparecchio acustico lo chiamava “cazzabubbolo”, per farmi intendere quanto non gli volesse bene.

Lampino voleva che gli dessi del “tu”, come si davano fra partigiani.

Mi racconti la tua famiglia di origine?

I miei genitori erano contadini, purtroppo si faceva una vita d’inferno. La notte se partorivano le vacche si doveva stare svegli nella stalla.
Lavoravamo sotto padrone, la schiavitù della mezzadria se non è stata peggiore di Mussolini, certamente non era migliore.

Come era la scuola durante il fascismo?

Era una scuola di regime, non era una scuola fatta per insegnare. Perciò io andavo dal prete per imparare, mi piaceva studiare. Così aiutavo il prete e lui in cambio mi insegnava. Avevo capito che neanche a lui il fascismo piaceva.

Quando sentisti parlare per la prima volta di antifascismo?

Ogni tanto il mio babbo faceva delle riunioni a casa, io stavo in disparte, facendo finta di fare i compiti anche se in realtà li avevo già finiti. Io stavo lì per ascoltare e un giorno sentii parlare di Matteotti, ucciso dai fascisti. Fu la prima volta che inizia a capire qualcosa, e a dubitare di tutta la propaganda che avveniva a scuola.

Partigiano Marino Pedani, nome di battaglia Lampino
Partigiano Marino Pedani, nome di battaglia Lampino

Ti misero alla prova per vedere se eri affidabile?

Sì, crebbi. Mi ricordo mia zia mi mandava a portare i soldi alle famiglie più povere, quelle dove gli uomini erano stati arrestati dal partito fascista perché comunisti. Durante le riunioni in casa quelli più grandi raccoglievano qualche “pugno di soldi” e io avevo il compito di portarli alle famiglie, e anche se ancora capivo poco, lo facevo. Mettevo quei soldi in tasca, entravo nel bosco e correvo veloce come una lepre fino a destinazione.

Come avvenne la tua iniziazione da partigiano?

Crebbi ancora, avevo 16 anni, ormai capivo tutto. Una sera convocarono me e mio cugino in un magazzino, alla luce di un’acetilene. Ci fecero una “predica di clandestinità”, ci dissero che era necessario muoversi, che i bambini morivano di fame perché il fascismo aveva tolto le liberà, il lavoro, tutto. E ci chiesero cosa volessimo fare, se pensavamo di avere il coraggio necessario. Noi volevamo aiutare, eravamo pronti e gli si disse. Poi parlò un altro signore e ci chiese se volevamo anche la tessera del partito comunista, dicemmo di sì e allora lui la tirò fuori dalla tasca e la riempì con i nostri nomi. Finita la guerra scoprii chi era quell'uomo che ci aveva parlato: il rettore dell’Università di Siena.

Come avveniva un’azione?

Si partiva verso le 22:00, con il buio, in bicicletta. Prima di partire fasciavamo le scarpe con le balle, cioè con i sacchi di iuta, perché erano scarpe con le bullette – come si usavano allora – e avrebbero fatto troppo rumore camminando per strada.
Poi con la bicicletta arrivavamo in città, ci muovevamo quando non passava la ronda, bisognava essere precisissimi, se ti beccavano finivi in un campo di concentramento in Germania, come è successo a un nostro compagno di Monteroni D’Arbia.
In città attaccavamo manifesti e lasciavamo volantini nelle cassette della posta dei fascisti, volevamo metterli "un po’ a cuccia", come si dice nelle nostre zone. Da una parte si informavano i fascisti delle condizioni del popolo – ad esempio non ci s'aveva neanche il latte per i bambini – e dall’altra scrivevamo che le armi le avremmo alzate noi, presto, contro di loro.

Perché oggi è importante ricordare la Resistenza e la Liberazione?

Perché attraverso la Resistenza abbiamo scritto la Costituzione, ma poi non è mai stata applicata.

Hai una canzone che ti ricordi, legata ai tempi della Resistenza?

Ne ho più di una, senti se questa se ti piace: Bella Ciao.

Mi piace moltissimo, grazie Marino Pedani, nome di battaglia Lampino.

Grazie a te. Però ora bevi il caffè perché ti si ghiaccia.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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