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Autostrade, ecco il disastro: 2 miliardi di utili e 200 gallerie a rischio

I numeri del disastro delle autostrade in Italia, nel giorno in cui emerge che ci sarebbero 200 gallerie che non rispettano gli standard di sicurezza europei: 50,7% di margine operativo lordo a fronte di investimenti in calo, manutenzioni carenti e tariffe in crescita. Ripensare tutto il sistema delle concessioni è un dovere, non una possibilità.
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Andateglielo a spiegare agli automobilisti che mentre percorrono una galleria si vedono piombare in testa un pezzo del rivestimento del tunnel, com’è capitato stamattina sulla A6 Torino-Savona. O magari in quelli in coda per ore sulla A14 che costeggia il mare adriatico, perché la magistratura ha disposto il sequestro dei viadotti per ragioni di sicurezza. O a chi legge, stamattina su Repubblica, che ci sarebbero 200 tunnel, tra quelli più lunghi di 500 metri, che non rispettano le norme di sicurezza europee, e 20 ponti a rischio crollo.

Spiegatelo a loro, che va tutto bene, nel sistema delle concessioni autostradali italiane.

Spiegate loro che non c’è nulla di male in un sistema in cui 25 società private ricavano 8,4 miliardi di euro l’anno dai pedaggi pagando solamente 862 milioni di canone di concessione allo Stato e 3,1 miliardi di costi di gestione.

Spiegate loro che è del tutto normale che ci siano manutenzioni carenti – così dicono i report su tunnel e viadotti – in un sistema che ha un margine operativo lordo (il risultato economico della sola gestione ordinaria) pari al 50,7%. Un sistema che, in altre parole, è una gallina dalle uova di platino che ricava 1,5 euro per ogni euro speso.

Spiegategli che gli investimenti sono in calo costante, dai 2.2 miliardi stanziati nel 2011 ai 959 milioni del 2017, mentre rischiamo che la magistratura rischi di sequestrare tutti i tunnel non a norma, finendo per paralizzare definitivamente la circolazione su tutto il territorio nazionale, con tanti saluti alla ripresa – o anche solo alla tenuta – dell’economia italiana.

Spiegategli, cari concessionari, e cari difensori della libertà d’impresa e delle virtù taumaturgiche dell’investitore privato, perché questo sia capitalismo e libero mercato, e non invece rendita allo stato puro, coi soldi dei cittadini paganti, cornuti quando pagano il pedaggio e mazziati dall’incuria, dai rischi insabbiati, dagli investimenti mai fatti.

Spiegategli – e spiegateci, già che ci siete – perché lo Stato, negli ultimi anni, anziché sbattere i pugni sul tavolo e i concessionari al muro, abbia permesso l’allungamento delle concessioni e l’innalzamento delle tariffe, come se questi imprenditori privati stessero facendo la carità a una nazione intera, e non invece la fortuna dei loro sempre più numerosi azionisti.

Spiegategli perché oggi, di fronte a tutto questo, non debba essere in discussione la revoca delle concessioni, o perlomeno una radicale ridiscussione dell’offerta di servizio. Spiegateglielo. E già che ci siete, spiegatelo pure a noi, che non l’abbiamo capito.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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