Ormai l’astensione è il rumore di fondo di ogni tornata elettorale, il dato “certo” di ogni competizione che dovrebbe spingere la politica ad una discussione profonda ed elaborata. In realtà, anche per le Regionali 2015, è probabile che la questioni scivoli a “tema secondario”, tanto per citare il Presidente del Consiglio Matteo Renzi (uno che solo qualche anno prima la pensava molto diversamente). Il fronte di coloro intenzionati ad ignorare il dato dell’astensione è piuttosto composito: ci sono quelli che semplicemente pensano che non sia un problema (e che citano ogni venti minuti il modello anglosassone), quelli che vogliono impedire che il dato “inquini” il valore del test elettorale, quelli che liquidano il non voto come risultato di anni di qualunquismo e quelli che non avrebbero più scuse nel caso in cui il trend si invertisse una buona volta.
La politica dovrebbe tornare a parlare alla gente che non va più a votare, dicono altri. Frase fatta, né più né meno delle precedenti, a rigor di logica, considerando che le cure proposte sono sostanzialmente "omeopatiche". Le domande, invece, restano. Perché la gente non va più a votare? E perché dovrebbe? E, in fondo, importa a qualcuno?
Qualche mese fa, a proposito del boom dell’astensione alle Europee, scrivemmo che “gli italiani sono sempre più stanchi di questa politica, sempre più sfiduciati e disillusi sulla reale capacità dei partiti di incidere nei processi che determinano le condizioni materiali di vita, sempre meno convinti della possibilità di "contare" in maniera tangibile, evidente, nella gestione della cosa pubblica”. Ma la crisi di un modello di rappresentanza (quello della delega, peraltro) non può bastare a spiegare un livello così alto di astensione. Soprattutto perché le Regionali dovrebbero "a rigor di logica" interessare maggiormente i cittadini, che dovrebbero percepire come "concreto, reale, continuo" il lavoro degli amministratori regionali. Non è così, non lo è più, almeno.
Del resto, c’è un limite enorme ed evidente di “qualità dell’offerta politica”, con candidature francamente improponibili, riciclati della vecchia politica, giovani senza né esperienza né talento, impresentabili ed ineleggibili, trombati e tromboni, cartonati e foglie di fico. C’è una schizofrenia delle alleanze, una frammentarietà della proposta politica, un utilizzo strumentale degli accordi, uno strategismo esasperato. C’è, insomma, l’idea che gli italiani siano così assuefatti e disillusi da ingoiare tutto e che per inerzia continuino ad applicare all’infinito la logica del meno peggio. Mezza Italia, invece, si è stancata. Parlare solo all'altra metà è giusto, tecnicamente parlando. Ma molto, molto pericoloso.