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Asilo di Pinerolo, in appello assolte le maestre accusate di maltrattamenti

Le tre maestre dell’asilo “Nel paese delle meraviglie” di Pinerolo sono state assolte dall’accusa di maltrattamenti. In primo grado erano state condannate a pene comprese tra i 10 e i 12 mesi.
A cura di Susanna Picone
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Le tre maestre dell’asilo privato “Nel paese delle meraviglie” di Pinerolo in provincia di Torino – Francesca Panfili, Elisa Griotti e Stefania Di Maria – sono state assolte dalla pesante accusa di aver maltrattato i bambini. A deciderlo la Corte d’Appello di Torino che si è pronunciata su una vicenda culminata nel 2010 con il sequestro dell’asilo. In primo grado le tre maestre, che hanno sempre respinto ogni addebito, erano state ritenute colpevoli delle accuse di maltrattamenti ed erano state condannate a pene comprese tra i 10 e i 12 mesi. La vicenda, che risale al novembre del 2010, suscitò grande scalpore a livello nazionale. L’asilo di Pinerolo fu tra l’altro ribattezzato “l’asilo degli orrori”. Quando, all’epoca dei fatti, sulla stampa locale venne fuori qualche prima indiscrezione ben 12 bambini abbandonarono la struttura.

Le accuse contro le tre maestre di Pinerolo

A “incastrare” le tre maestre che oggi sono state assolte in appello erano state delle testimonianze di genitori e dipendenti della struttura. Inoltre alla Procura sarebbero stati forniti dei video che dimostravano i presunti maltrattamenti nei confronti dei bambini della scuola materna. I bambini, secondo quanto ricostruirono i carabinieri, sarebbero stati picchiati e rinchiusi da soli in stanze al buio e sarebbero anche stati obbligati a rimangiare il cibo vomitato. Le maestre erano accusate di aver maltrattato la maggior parte dei piccoli ospiti, di averli offesi con pesanti epiteti e frasi ingiuriose, e di aver costretto alcuni di loro a restare soli, per lungo tempo chiusi in stanze al buio. Dei dipendenti raccontarono di essere a conoscenza, tra le altre cose, di un bambino infilato in un cassettone perché, a quanto pare, “troppo vivace”. Ma oggi la sentenza della Corte d’Appello di Torino, ribaltando quella di primo grado, ha cancellato ogni accusa.

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