Armi dalla Siria in Italia: il mistero è sempre più fitto
Si infittisce sempre di più il mistero dello smaltimento delle armi chimiche dell’arsenale della Siria di Assad che riguarderà anche il territorio italiano. L’operazione, diretta dall’agenzia dell’Onu contro le armi chimiche l’OPAC, con il supporto della marina militare americana che metterà a disposizione la nave Cape Ray che smaltirà parte dell’arsenale attraverso il complesso sistema dell’idrolisi, sta per entrare nel vivo. Le armi caricate sulle navi cargo Ark Futura e Taiko hanno lasciata da giorni il porto siriano di Latakia e dovrebbero trovarsi al momento in acque internazionali. Una parte del carico sarà sbarcato in un porto italiano da dove poi saranno avviate le procedure di smaltimento. Il porto resta ancora segreto, anche se alcune anticipazioni fornite da Fanpage non hanno trovato fino ad ora smentite.
Il Ministro degli Esteri Emma Bonino, ha comunicato che le autorità italiane verranno a conoscenza del porto scelto dalla OPAC e dalla marina amerciana per compiere le operazioni di smaltimento solo il prossimo 16 gennaio durante un’audizione al parlamento di un rappresentante dell’OPAC, lo ha detto a Parigi a margine di un incontro internazionale del gruppo “Amici della Siria”. Pochi giorni dunque e dovrebbe essere noto il luogo in cui una parte del carico di armi pericolose attualmente a bordo del cargo Ark Futura sarà sbarcato ed una parte di essa caricato sulla Cape Ray che eseguirà le procedure di smaltimento in mare aperto in acque internazionali. In Italia di questa complessa operazione si continua a sapere troppo poco. C’è da ricordare che è un’operazione militare senza precedenti, lo smaltimento di un arsenale di armi chimiche non è mai stato eseguito del Mediterraneo ed i pericoli sono enormi.
Innanzitutto non si conoscono i dettagli delle procedure di smaltimento né se esse avranno delle scorie che dovranno essere smaltite in mare. In questo caso c’è da chiedersi quali garanzie vengono date da parte delle Nazioni Uniti e delle forze militari coinvolti sull’assenza di rischi per la flora e fauna marina. Il Mediterraneo resta uno dei mari più pescosi del mondo e sapere che proprio in questo specchio d’acqua si svolgeranno operazioni di distruzione di armi chimiche non può che mettere in allarme la comunità internazionale rispetto alla qualità del pescato. Al tempo stesso il rischio di incidenti avrebbe delle conseguenza incalcolabili. Proprio per questo occorrerebbero dei piani di emergenza di cui al momento non si sa nulla, così come anche il luogo delle operazioni resta segreto.
Ad infittire il mistero su ciò che avverrà nelle acque italiane nei prossimi giorni ci sono le dichiarazione del capo delle operazioni per conto dell’OPAC la danese Sigrid Kaag (nella foto) rilasciate ad Al Jazzera qualche giorno fa. La Kaag spiega che il carico si divide in due parti, “Chemical One” e “Chemical Two”.“Una parte del materiale verrà distrutto a bordo della Cape Ray, un’altra parte verrà trasportata in Europa e sappiamo che l’Italia ha offerto la propria disponibilità e ci sono società che si stanno proponendo per prendere parte all’operazione” ha detto la capo missione. Infatti la Kaag specifica che per questa parte di carico si tratta di “un’operazione commerciale che necessità di una gara”.
Quali sono queste aziende? E che tipo di operazioni si terranno sul suolo italiano? Il mistero su cosa avverrà esattamente nel porto italiano ancora segreto, si infittisce sempre di più.
Intanto è mistero anche sui tempi dell’operazione. Le navi Ark Futura e Taiko sono salpate da Latakia lo scorso 7 gennaio. Secondo i normali tempi di percorrenza le due navi dovrebbero essere già in Italia, ma delle due navi, che viaggiano con il sistema di rilevazione satellitare AIS spento, nessuna traccia. Così come della Cape Ray che partirà solo questa settimana dalla Virginia e non sarà nel Mediterraneo prima dell’inizio del mese di feebbraio. Perché dei tempi dell’operazione così sfasati? Perché le navi con il carico di armi chimiche sono partite così presto dalla Siria e la nave americana che dovrà smaltire parte del carico è ancora in porto? Le risposte si fermano davanti alle disarmanti dichiarazioni del Ministro degli Esteri Bonino. Sapremo solo il 16 gennaio.