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Angela Merkel pronta a concessioni per evitare l’addio di Londra alla Ue

C’è Angela Merkel dietro i tentativi dell’ultimo minuto di trovare un’intesa tra Londra e Bruxelles che eviti l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue a seguito del previsto referendum popolare di giugno. Da una “Brexit” in molti sembrano aver molto da perdere a partire dalle banche…
A cura di Luca Spoldi
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C’è Angela Merkel dietro lo sforzo diplomatico europeo per trovare un’intesa con la Gran Bretagna che “ammorbidisca” gli ultimi spigoli rimasti nel lungo negoziato tra la Ue e il Regno Unito teso a evitare la “Brexit”, ossia la possibile uscita della Gran Bretagna dall’Unione nel caso di un voto popolare in tal senso nel referendum che il premier James Cameron (da mesi impegnato a fare campagna a favore del “no” alla Brexit) ha promesso in far svolgere nel prossimo mese di giugno.

Ma perché ad Angela Merkel importa così tanto della permanenza della Gran Bretagna nella Ue al punto da essere disponibile a fare concessioni dell’ultimo minuto in materia di immigrazione e durata delle clausole di salvaguardia dei benefici sociali finora accordati a Londra, materie in cui solitamente Berlino si mostra inflessibile ai limiti dell’ottusità, come ben sanno gli italiani (e non solo loro)? Perché una “Brexit” rischierebbe di essere un vero e proprio siluro contro l’Unione europea e con essa alla possibilità per la Germania, che finora esporta principalmente verso i paesi intra-Ue, di continuare a guidare economicamente e politicamente quella che rimane la seconda più ricca area economica al mondo, per quanto siano evidenti i segni di declino a cui sta andando incontro e per contrastare il quale la politica, tedesca e non, ancora non è riuscita a trovare una soluzione efficace.

Entrambe le parti avrebbero molto da perdere da un addio di Londra alla Ue: secondo gli analisti di Goldman Sachs, ad esempio, “se il Regno Unito votasse per lasciare la Ue, il disavanzo delle partite correnti del Regno Unito rimarrebbe una fonte di vulnerabilità, nonostante qualche recente miglioramento”. In compenso “un’interruzione brusca e totale dell’afflusso di capitali in risposta ad una “Brexit” potrebbe portare a un calo della sterlina del 15%-20%”. Al di là delle turbolenze sui cambi, il Regno Unito dovrà comunque scegliere se fare parte di un’unione di 28 paesi, ciascuno con le proprie priorità, o uscirne, ipotesi che fa paura non solo a Goldman Sachs ma a tutte le principali banche d’affari internazionali, che infatti stanno sostenendo anche finanziariamente la campagna pro Unione europea.

Le concessioni che potrebbero giungere in queste ultime ore dai negoziati dovrebbero a rafforzare la campagna pro-Ue che il premier James Cameron sta portando avanti, riducendo il rischio di una Brexit come esito del referendum popolare previsto per giugno. In caso contrario Londra, finora hub finanziario indiscusso del vecchio continente, per quanto Francoforte stia da anni cercando di insidiarlo (finora senza riuscirci), vedrebbe compromesso il suo accesso al mercato unico europeo e questo potrebbe rapidamente far defluire capitali internazionali che utilizzavano la capitale inglese come porta d’accesso all’intera Europa.

Inoltre anche in caso di una vittoria dei “” i tempi del processo di uscita dalla Ue resterebbero incerti e comunque non brevi. Ci si troverebbe (analogamente alle formulate ipotesi di “secessione” di Scozia o Catalogna da Gran Bretagna e Spagna) ad un processo destinato a durare anni, con la relativa incertezza che si rifletterebbe immediatamente sui mercati finanziari, col rischio di portare a una serie di fallimenti di intermediari minori e, cosa peggiore, ad un drastico e duraturo incremento del premio per il rischio.

Sarebbe la fine non tanto dell’era del “denaro facile”, che in realtà non piace alle banche di alcun genere perché incide sui loro conti economici riducendone proporzionalmente gli utili, quanto della stessa idea di area di libero scambio, per lo meno per come la conosciamo oggi. Un ulteriore muro verrebbe alzato in un’Europa che di muri in questi ultimi mesi è già tentata dall’alzarne fin troppi. Visti i precedenti storici nati dal contrasto di interessi tra i singoli stati europei e visto che la crescita economica è già messa in forse dai segnali di rallentamento che giungono dall’Asia all’America, non sarebbe davvero auspicabile, non solo per le banche del vecchio continente. Che poi l'Unione debba cambiare è altrettanto evidente e forse proprio la permanenza di Londra in seno alla Ue potrebbe dare una spinta affinché ciò avvenga.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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