L'esigenza di pianificazione del territorio e l'esigenza di tutela dell'incolumità pubblica (si pensi alla legislazione anti sismica o alla necessità di non avere zone sottratte al controllo dell'autorità di pubblica sicurezza) o la necessità di avere costruzioni o luoghi che non danneggino la salute pubblica (basta pensare all'esigenza di evitare la creazione di zone edilizie malsane) sono tutti motivi che hanno spinto il legislatore a limitare la libertà di costruire sul proprio suolo del singolo cittadino.
Però, nel momento in cui si limita la libertà di costruire sorge l'esigenza di reprimere la violazione del divieto "e di reprimere quello che viene definito abuso edilizio" (mediante la repressione delle costruzioni compiute in sfregio ai divieti o senza autorizzazioni preventive da parte dello Stato).
La prevenzione dell'abuso può essere repressiva o preventiva.
La prevenzione dell'abuso è repressiva quando si interviene dopo il compimento dell'abuso e si cerca eliminare il fatto già compiuto e si tende riportare la situazione ad uno stato quo ante (prima dell'abuso), basta pensare al classico scheletro di cemento di un edificio o di altra costruzione che compare dalla notte alla mattina.
Da quanto detto si deduce che ci si trova in una fase o zona “grigia”, poichè l'attività (materiale o negoziale) posta in essere non è detto che sia diretta (per forza) a realizzare una trasformazione edilizia del suolo. Quindi, poichè la lottizzazione abusiva rientra negli interventi diretti a prevenire l'abuso (per questo si è parlato di intervento preventivo), richiede a proprio supporto degli indici (delle prove) certe ed univoche, le quali devono confermare che l'attività che si è posta in essere è propedeutica alla realizzazione di un abuso (o alla trasformazione ai fini edificatori del suolo) del resto, il frazionamento di un terreno, in cui è prevista una la strada di accesso, ai lotti interclusi, può servire anche solo a separare un unico terreno al fine di realizzare una divisione del bene tra i comproprietari (ferma la destinazione agricola del terreno) cioè è posta in essere un'operazione diretta a realizzare una mera divisione (contratto, questo, che non è illecito). Ecco, quindi, che la lottizzazione abusiva richiede che l'attività (materiale o negoziale) posta in essere sia diretta a modificare la destinazione del fondo ai fini edificatori (Consiglio di Stato, sez. III del 10 settembre 2012 n. 4795).
Tutto quanto detto è, ormai, codificato nell'art. 30 del Testo unico sull'edilizia (rubricato con il titolo di Lottizzazione abusiva), il quale dispone che ”Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio“.
Come è evidente dal testo dell'art. 30 del Testo Unico dell'edilizia il reato di lottizzazione abusiva si riferisce, in modo letterale, alla modifica del terreno, resta da valutare se la locuzione terreno possa essere interpretata come "area" – "territorio", cioè occorre comprendere se la parola terreno possa essere considerata come sinonimo di territorio (di vaste dimensioni) o area. Anche se con qualche sforzo intepretativo la risposta è positiva: in altrit ermini, la ratio della norma non è quella di tutelare il singolo suolo da abusi, la ratio della norma è molto più ampia ed è quella di assoggettare tutto il territorio al controllo della pubblica amministrazione, ecco, quindi, che la locuzione terreno diventa sinonimo di territorio da proteggere, in altri termini, l'intero territorio è sottratto alla libertà di modifica (costruzione) del singolo ed è sottoposta al controllo edilizio e alla prevenzione della pubblica amministrazione.
Inoltre, occorre anche comprendere se nella nozione di "mutamento urbanistico dell'area" possa rientrare anche il cambio di destinazione di un edificio. E' evidente che la differenza tra le due ipotesi è troppo ampia per poter ricomprendere un mero cambio di destinazione d'uso nella lottizzazione abusiva. Però, prima di fornire una risposta definitiva, è opportuno anche analizzare un altro aspetto del problema quello relativo alla modifica "del territorio o area" che discenderebbe dalla modifica apportata alla destinazione d'uso del bene (soprattutto quando si è in presenza di cambi di destinazione d'uso di interi complessi edilizi).
Un esempio può rendere più chiara la vicenda astratta, si pensi ad un edificio costruito per essere destinato a fabbrica e poi riconvertito in tanti locali ad uso commerciale privato e pubblico e in appartamenti. Una tale modifica non incide solo sulla struttura dell'edifico, ma anche sull'area (territorio) ciricostante, in quanto comporta la realizzazione – di fatto – un nuovo insediamento (che prima non esisteva) e una modifica (integrazione) delle opere di urbanizzazione (primaria e secondaria) ecco, quindi, che un cambio di destinazione d'uso di un immobile può comportare il mutamento dell'area (territorio) circostante che integra il reato di lottizzazione abusiva. In altri termini, un mutamento di destinazione d'uso del bene può comportare come conseguenza (diretta) anche il mutamento dell'area tale da integrare il reato di lottizzazione abusiva.
Cassazione, penale sez. III del 6 febbraio 2013 n. 5870 in pdf