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Anabel, giornalista rapita e uccisa: aveva un bimbo di due settimane

La donna è stata prelevata a casa sua da un commando armato che ha mostrato un mandato di arresto. Il corpo abbandonato seminudo sul ciglio di una strada. Scoperta inoltre una fossa comune con un centinaio di cadaveri.
A cura di Mirko Bellis
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Il Messico si conferma un luogo pericoloso per i giornalisti. Anabel Flores Salazar, reporter messicana di 32 anni è stata trovata morta lungo un’autostrada dello Stato di Puebla.  La giornalista era stata sequestrata all’alba di lunedì da uomini armati mentre si trova nella sua casa a Mariano Escobedo, nello Stato di Veracruz. Il suo cadavere giaceva seminudo, con una borsa di plastica in testa e le mani legate dietro la schiena. Le cause della sua morte non sono ancora state chiarite. La giornalista scriveva della criminalità locale per il “Sol de Orizaba”, un quotidiano di Veracruz. La zia di Anabel ha raccontato che gli otto uomini che hanno prelevato la giornalista indossavano uniformi di tipo militare e avevano un mandato di arresto. Flores, madre di un bambino di due settimane e di un altro figlio di 4 anni, è la sedicesima giornalista uccisa a Veracruz dal 2000.

Da quando il nuovo governatore di Veracruz, Javier Duarte, ha assunto il potere sei anni fa, sono stati uccisi 13 giornalisti e altri tre risultano dispersi. Duarte ha sollevato le ire dei media l'anno scorso quando insinuò che i giornalisti assassinati nel suo Stato avevano legami con i trafficanti di droga e la criminalità organizzata. Anche nel caso dell’uccisione di Anabel Flores, l'ufficio del procuratore generale in un comunicato lasciava intravvedere possibili legami della vittima con Víctor Osorio Santacruz, uno dei capi del cartello messicano più violento, Los Zetas. Le attività di questa organizzazione criminale comprendono il traffico di droga, la prostituzione, l’estorsione ed il contrabbando di carburante (Veracruz è infatti un importante centro di produzione di petrolio). Questa vera e propria mafia messicana ha potuto prosperare in questi anni grazie anche alla complicità delle istituzioni locali.

E in Messico non cessano le notizie di violenze sempre più efferate. Ieri in un ranch è stata scoperta una fossa comune con i resti di un centinaio di persone. Il macabro ritrovamento ha permesso di svelare il destino di cinque giovani scomparsi un mese fa. I familiari delle vittime hanno raccontato che la polizia, dopo averli arrestati, li aveva consegnati ad un gruppo di militari. Sette agenti sono già stati arrestati. Qualcosa di simile è accaduto il 26 settembre 2014 nella città di Iguala, nel sud del Messico, dove 43 studenti sono stati assassinati atrocemente da un gruppo armato con la complicità della polizia.

Reporter senza frontiere ritiene il Messico uno dei paesi più pericolosi al mondo per i giornalisti. Nonostante la creazione nel 2010 di un procuratore per i crimini contro la libertà di espressione, sono 90 i reporter vittime della violenza che percorre l’intero Paese. La maggior parte di queste morti rimane senza un colpevole in un clima generale di impunità. Secondo la Commissione Inter-Americana sui Diritti Umani, un giornalista su tre ucciso in America Latina è messicano.

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