Amnesty International: “La tortura ancora non è reato. Aspettiamo da 30 anni”
Introdurre il reato di tortura nel codice penale. Nella giornata internazionale dei diritti umani, Amnesty International Italia consegna 20.000 firme al Presidente del Consiglio e a quelli di Camera e Senato proprio con l’obiettivo di recuperare un ritardo di 25 anni rispetto agli obblighi assunti con le Nazioni Unite. “ Da oltre un quarto di secolo l'Italia ha l'obbligo, avendo ratificato la Convenzione, di dotarsi di una legge che preveda e punisca il reato di tortura – si legge nel comunicato di Amnesty – Per 25 anni, i numerosi tentativi di Amnesty International e altre organizzazioni per i diritti umani sono stati bloccati in parlamento, in nome dell'idea che introducendo il reato di tortura si sarebbe associata questa violazione dei diritti umani all'intera categoria delle forze di polizia. Approvato al Senato il 5 marzo, il disegno di legge sul reato di tortura si trova ora alla Camera. È un testo – continua il testo dell’organizzazione umanitaria – che, secondo le organizzazioni per i diritti umani, dev'essere migliorato. La tortura non è qualificata come reato proprio bensì come reato comune, con l'aggravante nel caso in cui l'autore sia un pubblico ufficiale. Inoltre, il testo non prevede la perseguibilità delle condotte omissive e non contempla un fondo nazionale per le vittime della tortura”.
Il ddl tortura in Italia
Il disegno di legge all'esame della commissione giustizia di Montecitorio (C2168) introdurebbe il reato di tortura all'articolo 613-bis del codice penale. Si va dalla reclusione da 3 a 10 anni che sale da 5 a 12 se il reato è commesso da un pubblico ufficiale. Le pene aumentano di un terzo nel caso di lesioni gravi e della metà per lesioni gravissime. In caso di decesso “quale conseguenza non voluta” la reclusione sale a 30 anni e all'ergastolo se “il colpevole cagiona volontariamente la morte”. Oggi invece la tortura non è contemplata come reato proprio bensì come reato comune, con l’aggravante nel caso in cui l’autore sia un pubblico ufficiale. Inoltre, il testo non prevede la perseguibilità delle condotte omissive e non considera un fondo nazionale per le vittime della tortura. Ma come ricordano in una lettera aperta al parlamento Enrica Bartesaghi e Lorenzo Guadagnucci, promotori 13 anni fa del Comitato verità e giustizia per Genova a seguito dei fatti della Scuola Diaz, “il reato di tortura, in ogni paese democratico, è uno strumento formativo, un punto di riferimento morale per chi lavora nelle forze dell’ordine. (…) Solo una mentalità distorta, una cultura democratica debole e involuta, può interpretare l’introduzione del reato di tortura come un attacco alle forze dell’ordine. È semmai vero il contrario: le forze dell’ordine saranno tanto più affidabili e credibili, agli occhi dei cittadini, in quanto responsabili e trasparenti nell’ambito di una normativa allineata ai migliori esempi normativi in campo internazionale”.
Il reato di tortura nel mondo
La tortura esiste in molte parti del mondo, alla luce dell’articolo 5 della dichiarazione universale dei diritti umani dice che “nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni crudeli, disumani e degradanti”. In Regno Unito, il Criminal Justice Act del 1988 prevede la detenzione a vita per chi commette il reato di tortura. In Francia la pena "minima" è fino a 15 anni per chi commette atti di barbarie, senza possibilità di godere dei benefici come la sospensione o il frazionamento. Il codice penale spagnolo regola le condanne in base all'autore del reato. In via generale la pena va da 6 mesi a due anni. Negli Stati Uniti in questi giorni è stato pubblicato dalla Commissione intelligence del Senato degli Stati Uniti un rapporto sulle tecniche di interrogatorio della Cia dopo l'11 settembre 2001. Un rapporto impietoso in cui viene fatta luce su abusi sistematici, crudeltà e attività illegali compiuti sotto la presidenza dei Bush. A tal Barack Obama ha commentato duramente :“I metodi utilizzati dalla Cia sono contrari e incompatibili con i valori del nostro Paese”. Le tecniche utilizzate dalla Cia “hanno danneggiato significativamente l’immagine dell’America e la sua posizione nel mondo e hanno reso più difficile perseguire i nostri interessi con alleati e partner” ha aggiunto il presidente USA.