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Ammainabandiera a Baghdad, i soldati USA lasciano l’Iraq

4 800 militari morti, oltre 100 000 iracheni caduti nel corso di azioni violente, otto anni di guerra e, infine, l’annuncio del Presidente Obama: la missione USA in Iraq è finita ufficialmente ieri con la cerimonia dell’ammainabandiera svoltasi a Baghdad.
A cura di Nadia Vitali
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4 500 militari morti, oltre 100 000 iracheni caduti nel corso di azioni violente, otto anni di guerra e, infine, l'annuncio del Presidente Obama, la missione USA in Iraq è finita e le armi di distruzione di massa non sono mai state trovate.

Le sabbie irachene lasciate alle spalle, i soldati statunitensi sono pronti per tornare a casa; ammainata la bandiera americana, salutata quella terra sfortunata, entro il 31 dicembre i 4000 militari ancora rimasti potranno riabbracciare le proprie famiglie, secondo quanto stabilito da un accordo stipulato nel 2008. Dopo otto anni, 800 miliardi di dollari, circa 4 800 morti tra le truppe della coalizione, decine di migliaia di feriti e centinaia di invalidi permanenti, finisce la missione USA, quella guerra che iniziò in un lontano 20 marzo del 2003 quando un'alleanza formata principalmente da uomini di Stati Uniti, Regno Unito, Polonia, Italia ed Australia invase l'Iraq.

Finisce così, lasciandosi dietro un numero imprecisato di vittime irachene uccise da azioni violente, compreso tra le 110 000 e le 150 000 unità; termina qui la volontà di potenza ed il delirio che spinge l'essere umano a bombardare, invadere e distruggere, con l'abbandono di un paese che mutatis mutandis versa ancora in condizioni politiche e civili preoccupanti, in cui le violenze e gli attentati sono all'ordine del giorno. Rimosso il regime di Saddam Hussein, il suo collo stretto da un cappio diventato protagonista di internet e televisioni per un ragionevole lasso di tempo imposto dalle mode, le armi di distruzione di massa che qualcuno in buona fede aspettava con ansia, non sono mai venute fuori.

4 800 militari morti, oltre 100 000 iracheni caduti nel corso di azioni violente, otto anni di guerra e, infine, l'annuncio del Presidente Obama, la missione USA in Iraq è finita ufficialmente ieri con la cerimonia dell'ammainabandiera svoltasi a Baghdad.

Al posto loro abbiamo però conosciuto, forse solo in parte, l'orrore ed il degrado morale che può raggiungere l'essere umano, grazie alle terribili immagini del carcere di Abu Ghraib in cui i soldati della presunta missione di pace torturavano e seviziavano i prigionieri; o al rapporto sulla strage di Haditha, una rappresaglia il cui bilancio fu di 24 vittime tra cui donne, bambini ed un uomo su sedia a rotelle, compiuta contro alcune case di civili dai marines, per vendicare la morte di un militare ucciso da un ordigno rudimentale; e poi il fosforo bianco su Falluja ed i corpi che bruciavano e si scioglievano.

Se le guerre sono sempre sbagliate ed ingiuste, l'era del quarto potere ne rende anche noti tutti gli orrori, diffondendo informazioni in grado di giungere ovunque, impedendo a coloro che mandano i propri soldati a morire in terre straniere di poter mascherare completamente le proprie nefandezze dietro fantasiose ideologie e imponenti questioni di principio. In Iraq, come in ogni conflitto, hanno perso proprio tutti, i civili caduti sotto i colpi della violenza che subiscono da decenni a vario titolo, i militari morti senza una ragione, il paese intero che ne esce solo più devastato di prima.

Ieri, in occasione della cerimonia dell'ammainabandiera tenutasi in una zona protetta a ridosso dell'aeroporto di Baghdad, il capo del pentagono Leon Panetta ci ha tenuto a sottolineare come l'intera missione non sia stata «un sacrificio invano perché ha consentito all’Iraq di mettere da parte la tirannia, offrendo speranze di pace e prosperità alle future generazioni».

Tuttavia, a giudicare dalla situazione attuale del paese sembra abbastanza evidente come l'«importazione della democrazia» non abbia funzionato e, del resto, non c'era bisogno di fini politologi o illuminati filosofi per insegnarci che non è a suon di bombe e di imposizioni che le nazioni scelgono la propria strada e si liberano dal dispotismo, in Iraq come in tutti gli angoli di mondo in cui i popoli vivono oppressi e dimenticati. Almeno a quelle bugie di George W. Bush ormai non crede più nessuno e, fortunatamente, gli ultimi militari potranno finalmente tornare a casa dopo la fine dell'ennesimo, inutile conflitto del genere umano.

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