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Alitalia-Air France, match all’ultimo euro?

Air France – Klm vuole solo tirare sul prezzo o davvero Alitalia non vale quanto viene prospettato dall’aumento di captiale in corso a cui i francesi non vogliono partecipare se non ci sarà garanzia di una ristrutturazione del piano industriale e del debito della compagnia italaina?
A cura di Luca Spoldi
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Un’astuta mossa “tattica” per pagare il meno possibile una società bisognosa di essere rimessa in sesto ma che può tornare a volare, letteralmente, o l’amara constatazione che forse, come scrivevo tempo fa, la compagnia avrebbe dovuto essere dichiarata fallita da tempo? La decisione di Air France – Klm di azzerare il valore della propria partecipazione nel capitale di Alitalia fa discutere politici ed analisti finanziari, tenendo banco sulle maggiori testate economiche mondiali. Secondo il Wall Street Journal, ad esempio, non starebbe tanto cercando di pagare il meno possibile, quanto piuttosto mirerebbe a ottenere “una profonda revisione della compagnia aerea a corto di liquidità e una ristrutturazione del suo debito di quasi 1 miliardo di euro (nei confronti di Intesa Sanpaolo e UniCredit, ndr) prima di iniettare altri capitali nel suo partner”.

Richieste, aggiunge il quotidiano finanziario statunitense, chesono rimbalzate su un muro di mattoni in Italia, dove le banche stanno fieramente resistendo all'idea di una significativa svalutazione del grande debito e il governo sta cercando di allontanare qualsiasi piano che ridurrebbe Alitalia a poco più di un “alimentatore” del traffico verso gli hub di Parigi e Amsterdam di Air France – Klm”, piano “che potrebbe costare migliaia di posti di lavoro”. Ma per quanto il mondo politico italiano continui a parlare di possibile ricerca di fantomatici “altri partner” per il vettore nel caso di un definitivo passo indietro del gruppo francese (in queste ore si torna a fare il nome di Aeroflot, già invocato in passato assieme a Lufthansa, che ha sempre negato ogni interesse) che possano affiancare le Poste Italiane, già tirate in ballo in modo alquanto bizzarro e palesemente “politico” (nel senso peggiore, ossia senza minimamente cercare una qualche razionalità economica, al di là delle dichiarazioni di prammatica che parlano di fantomatiche “sinergie” tra le due aziende), chi segue la vicenda non ha molti dubbi: alternative economicamente valide rispetto ad Air France – Klm ormai non ne esisto più da tempo.

Da parte sua il gruppo francese, che punta ad una riduzione delle rotte a medio raggio operate da Alitalia e il mantenimento, ma non l’incremento come suggeriscon, tardivamente, i soci italiani, delle rotte a lungo raggio, chiedendo inoltre una revisione dell’applicazione degli ammortizzatori sociali e un rafforzamento della solvibilità aziendale come precondizione per partecipare alla ricapitalizzazione da 300 milioni di euro varata dalla compagnia italiana, sta iniziando ora a vedere i primi benefici della profonda ristrutturazione portata avanti in questi mesi (e che prevede tra l’altro la riduzione di 2.880 posti di lavoro), col terzo trimestre chiusosi con ricavi in crescita dello 0,4% a 7,212 miliardi di euro, un Ebitda (margine operativo lordo) di 1,073 miliardi (+13,2%) e un utile netto di 144 milioni (-51% a causa di ulteriori oneri da ristrutturazione spesati nel trimestre dalla compagnia). Numeri ben diversi da quelli annunciati dal vettore italiano che nello stesso periodo ha visto ricavi in calo a 1,06 miliardi (-6%), un Ebit (risultato operativo) di 36 milioni (-28%) nonostante una risalita del “load factor” (il coefficiente di riempimento dei posti a bordo) al 79%, ed uno striminzito utile netto di 7 milioni di euro (-74%).

Considerando che il debito, pur in calo, pesa ancora per 813 milioni di euro (dagli 851 milioni di fine giugno), di cui 575 milioni riferiti all’indebitamento sulla flotta di aerei di proprietà, e che sui ricavi, vera “croce” di Alitalia ancora più dei suoi costi come notavano gli analisti di Credit Suisse qualche tempo fa, continua a pesare la recessione italiana (nei primi nove mesi i ricavi sul mercato domestico sono calati dell’11% contro un incremento di quelli sul mercato internazionale del 3,4% e di quelli sul mercato intercontinentale del 3,9%), se non si troverà un’intesa con le banche “di sistema” che pure in questi anni hanno finanziato con risultati anche peggiori tanti altri soggetti, dai gruppi immobiliari alle holding di partecipazione, purché facenti capo ad “amici” fidati, è facile prevedere che per Alitalia il futuro sarà quanto meno nero, se non nerissimo. Air France – Klm era, è e probabilmente sarà l’unica alternativa. I soci italiani sono in situazioni in molti casi critiche e difficilmente potranno sottoscrivere l’aumento che peraltro non basta a garantire la sopravvivenza del gruppo italiano.

La sola alternativa reale sarebbe la nazionalizzazione della compagnia, il che sarebbe una mossa criticabile se non altro perché non vi sono al momento competenze “pubbliche” sulla gestione di un vettore regionale sempre più marginale ed il cui rilancio è reso difficile dalla crisi economica in atto, senza parlare del “rischio” (che è quasi una certezza) di sanzioni in ambito comunitario per gli aiuti di stato che verrebbero in quel caso erogati contro ogni regola europea e di pesanti penali nel caso di un’uscita dall’alleanza Sky Team se dovesse realmente emergere un eventuale partner alternativo. Alitalia al momento è come il paese “con le pezze al culo” (copywright Letta Enrico): si può discutere a chi sia maggiormente da attribuire la colpa di essere arrivati a questo punto, si può recriminare che non si sia optato per un fallimento e successiva ricostituzione della compagnia già anni fa (come fatto per SwissAir, Iberia o Sabena). Ma continuare a negare la realtà non porterà ad alcun beneficio né ad Alitalia né ai contribuenti italiani, purtroppo.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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