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“Alberto Stasi ha ucciso Chiara Poggi perché era diventata pericolosa per lui”

I giudici della prima corte d’assise d’appello di Milano hanno depositato questa mattina le motivazioni della sentenza con cui hanno condannato Stasi a 16 anni. La sua presenza era diventata “ingombrante e inutile” per l’ex studente bocconiano.
A cura di Biagio Chiariello
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“Alberto Stasi ha ucciso, perché Chiara era pericolosa". "Una presenza scomoda" Lo scrivono i giudici della Corte d'Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza del processo d'appello bis sull'omicidio di Garlasco che si è chiuso il 17 dicembre scorso con la condanna di Alberto Stasi a 16 anni di carcere. Chiara Poggi è stata uccisa a 25 anni “dall'uomo di cui si fidava e a cui voleva bene, che l'ha fatta definitivamente ‘scomparire' in fondo alle scale", scrivono i giudici dell'appello bis, criticando anche i legali dell'ex studente bocconiano che "ha descritto – si legge nelle motivazioni di 140 pagine appena depositate – l'imputato come la vittima di un caso giudiziario che lo ha costretto per oltre sette anni a doversi difendere, e anche lui, nelle dichiarazioni spontanee rese all'udienza del 17 dicembre, ha parlato di sè in tali termini, sostenendo un vero e proprio accanimento nei suoi confronti".

La vittima conosceva il suo assassino

Chiara Poggi "è rimasta del tutto inerme" di fronte al suo aggressore, scrivono i giudici: "Era così tranquilla, aveva così fiducia nel visitatore da non fare assolutamente niente, tanto da venire massacrata senza alcuna fatica, oltre che senza alcuna pietà". "La dinamica dell'aggressione evidenzia come Chiara non abbia avuto nemmeno il tempo di reagire, dato questo che pesa come un macigno (…) sulla persona con cui era in maggior e quotidiana intimità".

L'omicidio di Chiara Poggi

Secondo quanto accertato dalla Corte d’Appello, la mattina del 13 agosto 2007 Alberto Stasi si sarebbe recato alla villetta di Garlasco dove Chiara viveva, l’avrebbe uccisa e trascinato il corpo per le scale sena lasciare traccia. Poche ore dopo sarebbe tornato sul luogo del delitto, fingendo di trovare il cadavere della ragazza. A quel punto lancio l'allarme. "Dopo aver commesso il delitto – prosegue il magistrato che ha scritto le motivazioni, Barbara Bellerio – l'imputato è riuscito con abilità e freddezza a riprendere in mano la situazione e a fronteggiarla abilmente, facendo le sole cose che potesse fare, quelle di tutti i giorni: ha acceso il computer, visionato immagini e filmati porno, ha scritto la tesi, come se nulla fosse accaduto". Prima della condanna a 16 anni, Stasi era stato assolto due volte: primo grado e appello. Ma la Cassazione aveva annullato tutto, motivo per cui  si era celebrato un nuovo appello.

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