Adriana, trans in reparto maschile Cie di Brindisi, non è libera: trasferita in Sicilia
Non finisce l'incubo di Adriana, transessuale brasiliana di trentacinque anni che era stata rinchiusa nel reparto maschile del Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Restinco, in provincia di Brindisi, dopo aver perso il lavoro e il permesso di soggiorno dopo diciassette anni in Italia. Terrorizzata dal rischio di subire violenze e abusi, Adriana aveva smesso di mangiare, intraprendendo uno sciopero della fame. La sua vicenda era stata sollevata dal Mit-Movimento identità transessuale di Bologna e da Sinistra Italiana, e sembrava potesse avere un epilogo positivo. Venerdì, infatti, era arrivata la notizia della sua liberazione: un permesso di soggiorno di sei mesi, in attesa che si pronunci la Commissione sulla sua richiesta di asilo.
Invece di essere rilasciata, oggi, però, Adriana è stata trasferita dal Cie di Brindisi a quello di Caltanissetta. È stata lei statta a raccontarlo all'Ansa, spiegando che le avevano detto che sarebbe uscita dal Cie di Restinco per essere portata in un centro protetto prima di essere rilasciata. Ma così non è stato: poco più tardi, infatti, le hanno spiegato che sarebbe stata trasferita in un altro Cie in Sicilia, a causa di alcuni precedenti penali. Reati per cui, ha precisato, ha già pagato per intero la sua pena.
"Ho pianto per un'ora", ha raccontato Adriana, spiegando che i suoi cari la "aspettavano già a casa, qui in Italia. Poi sono stati molto gentili e mi hanno fatto fare una telefonata per avvisare". La speranza è quella di ottenere al più presto la protezione umanitaria perché "nel mio Paese temo per la mia vita", ha aggiunto. "Adriana proviene da una zona pericolosa del Brasile, dove ogni anno vengono uccisi 200 trans. Vogliamo che della questione si interessi il ministro della Giustizia e il Dap, perché lei passa 23 ore al giorno in cella per proteggersi", aveva spiegato Cathy La Torre, legale del Mit.