Addio a Franco Califano: la vita sregolata tra arresti, malagiustizia e politica
"Ho già predisposto che sulla mia tomba venga scritto "Non escludo il ritorno'". Così diceva ,sdrammatizzando sulla vita e sulla morte Franco Califano, il Califfo, romano ma nato a Pagani (Salerno) morto stasera all'età di 74 anni dopo una lunga malattia. Un uomo con una vita ricca d'eccessi: dai night sfavillanti degli anni d'oro alle sbronze, alla droga fino alle manette. Finì in cella la prima volta nel 1970 per possesso di stupefacenti, poi assolto con formula piena, nella vicenda giudiziaria vergognosa che coinvolse anche Walter Chiari, stroncandone la carriera. Da quella esperienza carceraria Califano trovò spunto per far nascere un album, ‘Impronte digitali'. Califano finì nuovamente in carcere per lo stesso motivo e più il porto abusivo di armi nel 1983, volta insieme al conduttore televisivo Enzo Tortora in un'altra vicenda emblematica di mala giustizia. In entrambi i processi Califano fu stato assolto "perché il fatto non sussiste". Subito dopo la sua morte il primo a ricordare quelle ingiuste vicissitudini giudiziarie, via twitter, è Vittorio Feltri: "È morto Califano. Fu incarcerato due volte – scriive -. Innocente. Nessun risarcimento. Quante ne ho viste di storie così. Quante ingiustizie. Dolore".
Dopo questa seconda esperienza chiese aiuto e sostegno all'allora leader del Partito Socialista Italiano Bettino Craxi. Ne ottenne una risposta e poi questo rapporto si tramutò in amicizia. Successivamente il Califfo (1992) prima che la tempesta di Tangentopoli travolgesse tutto l'arco socialista in Italia decise di candidarsi, nelle fila del Psdi, il Partito Socialdemocratico italiano, senza però essere eletto. Successivamente venne sempre "bollato" come cantante vicino alla destra anche se diceva di sé: "Io sono liberale, anticomunista".