La destinazione del bene oggetto dell'esecuzione forzata
L'esecuzione forzata è diretta al recupero del credito. Per raggiungere tale effetto il creditore ha pignorato alcuni beni del debitore al fine di poter vendere i beni del debitore pignorati durante il procedimento di esecuzione forzata (cd realizzazione coattiva del credito), le somme raccolte dalla vendita dei beni oggetto dell'esecuzione forzata verrebbero attribuite al creditore, estinguendo, così, il debito del debitore verso il creditore.
Problematiche ricostruttive relative alla vendita del bene oggetto dell'esecuzione forzata
Come si è detto punto centrale dell'esecuzione forzata iniziata dal creditore per recuperare il credito insoddisfatto è la vendita dei beni del debitore.
Anche se si usa la locuzione vendita (forzata) occorre valutare se il trasferimento del bene (dal debitore ad un terzo) sostanzialmente ad istanza del creditore rientra in un trasferimento a titolo derivato oppure è un acquisto a titolo originario e, se il trasferimento è un trasferimento a titolo derivato occorre valutare se detto trasferimento è assimilabile ad una vendita (normale) e, infine, bisogna individuare le differenze tra un vendita volontaria e un trasferimento coattivo.
La natura derivata della vendita del bene oggetto dell'esecuzione forzata
La vendita forzata ha un aspetto peculiare rispetto una vendita normale: il trasferimento del bene si verifica indipendentemente dalla volontà del debitore, questa caratteristica ha fatto dubitare che il trasferimento del bene oggetto dell'esecuzione forzata possa essere avvicinabile ad una vendita ordinaria.
In realtà, anche se è vero che il trasferimento si verifica indipendentemente dalla volontà del precedente proprietario (debitore esecutato) e anche se è vero che la vendita forzata si ricollega ad un provvedimento del giudice (dell'esecuzione), anche l'acquisto (intervenuto all'esito di un trasferimento coattivo esecutivo) rientra nell'ambito dei trasferimenti a titolo derivato e non a titolo originario, poiché anche l'acquisto del bene che avviene all'esito di una esecuzione forzata presuppone l'anteriore appartenenza del diritto (o di una più ampia posizione giuridica) in capo al precedente titolare (debitore esecutato).
Inoltre, anche l'acquisto del bene che avviene all'esito di una esecuzione forzata si traduce nella trasmissione dello stesso diritto del debitore esecutato (o del fallito) al terzo acquirente. (del resto, l'esecuzione forzata non potrebbe avere ad oggetto beni che non sono del debitore esecutato).
Trattandosi acquisto a titolo derivato, questo trasferimento, come ogni trasferimento derivato si distingue in un acquisto traslativo e in un acquisto costitutivo, a seconda che in correlazione con la contemporanea perdita da parte del precedente titolare l'acquisto del diritto avvenga in capo al nuovo nella sua integrità ovvero quest'ultimo acquisti un nuovo diritto, formalmente e per contenuto diverso da quello da cui esso stesso deriva e che ne costituisce il fondamento ( es., diritto di usufrutto rispetto al diritto di proprietà ).
Inesistenza della volontà del debitore nella vendita del bene oggetto dell'esecuzione forzata
Altra caratteristica della vendita forzata, rispetto la vendita ordinaria, è data dal fatto che la vendita forzata avviene indipendentemente dalla volontà del debitore esecutato. Proprio per le caratteristiche della situazione reale (realizzazione del credito) l'ordinamento rende irrilevante la volontà del debitore.
L'assenza (o l'indifferenza) della volontà del debitore consente di ricostruire la fattispecie in questo modo: il terzo acquirente o assegnatario del bene pignorato, (che è soggetto estraneo al rapporto intercorrente tra il preteso creditore e l'esecutato), deriva il suo diritto da una sequela di atti, nell'ambito di un procedimento giudiziale, che una volta conclusosi con l'emissione del decreto di trasferimento, produce effetti (l'acquisto del bene) non retrattabili in capo al terzo acquirente (o assegnatario).
Quindi, il terzo acquirente del bene acquista il bene (anche se estraneo al rapporto intercorrente tra il preteso creditore e l'esecutato) e fonda il suo acquisto sul decreto di trasferimento.
Tutto questo, però, non è sufficiente per estromettere la vendita forzata dall'istituto generale della vendita.
Di conseguenza, è possibile affermare che la vendita forzata produce un trasferimento per atto tra vivi, a titolo derivato, assimilabile, sotto molti aspetti (pur con le note differenze di regime) alla compravendita negoziale ( art. 2919 c.c. ).
Opponibilità dei diritti sul bene venduto nell'esecuzione forzata al terzo acquirente
Occorre approfondire la questione dell'incontestabilità del diritto acquistato dal terzo nell'esecuzione forzata.
Le contestazioni all'acquisto compiuto in un procedimento di esecuzione forzata possono dipendere da vizi del procedimento esecutivo oppure da diritti sul bene a favore di altri soggetti. Entrambe le ipotesi sono regolate dal legislatore il quale stabilisce che: 1) i vizi del procedimento esecutivo non incidono sull'acquisto (2929 cc) (questo al fine di rendere stabile l'acquisto del bene), 2)i diritti di altri soggetti sul bene oggetto di esecuzione sono opponibili al terzo acquirente nei limiti in cui sono opponibili al creditore (debitore) 2919 cc.
In particolare, anche l'acquisto effettuato in una esecuzione forzata richiede che l'acquisto sia tutelato da eventuali diritti in contrasto (o non opponibili) al debitore e/o ai creditori che stanno agendo in modo esecutivo.
Il principio generale è regolato dall'art. 2919 cc secondo il quale i diritti dei terzi sul bene trasferito nell'esecuzione forzata non sono opponibili all'acquirente se tali diritti non sono opponibili anche al creditore pignorante.
In altri termini, i diritti di altri soggetti sul bene (es. immobile) assoggettato alla espropriazione forzata (immobiliare) sono ex art. 2919 c.c. opponibili nei confronti dell'aggiudicatario solamente nei limiti in cui possono essere fatti valere nei confronti del creditore procedente o dei creditori intervenuti, e pertanto, in caso di bene immobile, solo se risultanti da atto negoziale trascritto prima della trascrizione del pignoramento.
Tutela del titolare di diritti sul bene oggetto di esecuzione forzata incompatibili con l'esecuzione forzata
Resta da chiedersi come è possibile difendersi da una esecuzione forzata che minaccia un proprio diritto sul bene.
La prima forma di tutela può realizzarsi mediante l'opposizione all'esecuzione forzata ex art. 615 cpc al fine di fare accertare che il bene stesso non appartiene in tutto o in parte al soggetto che ha subito l'espropriazione ma, (in base ad un titolo opponibile al creditore pignorante e agli intervenuti), appartiene per intero o pro quota all'opponente, di conseguenza, in caso di esito positivo dell'opposizione, viene meno (anzi si accerta) il difetto, in capo all'aggiudicatario del bene, del potere di procedere all'esecuzione.
Altri mezzi di tutela sono l'azione di rivendica e l'opposizione del terzo ex art. 404 cpc (un discoro particolare meriterebbe l'inesistenza del titolo esecutivo).
Una ulteriore complicazione può derivare dal fatto che prima dell'esecuzione è già pendente tra debitore e un altro soggetto un giudizio avente ad oggetto proprio il bene compreso nell'esecuzione forzata, in questa ipotesi si ritiene che se nel corso del giudizio promosso contro il proprietario di un immobile, il bene venga espropriato, la sentenza che definisce quel giudizio deve ritenersi opponibile all'aggiudicatario ai sensi dell'art. 111 comma 4 cpc, in qualità di successore a titolo particolare nel diritto controverso, salva l'eventuale operatività delle limitazioni previste agli artt. 2915 e 2919 c.c.
Cass. civ. sez. III del 28 marzo 2017 n 7867