A Napoli i palazzi diventano grandi tele grazie alla street art, e Parthenope rinasce
La periferia di Napoli diventa un "distretto della creatività urbana": a Ponticelli, quartiere ad est della città, è stato inaugurato il terzo di una lunga serie di murales, apparsi sui muri delle palazzine in poco meno di due mesi. Il progetto finale prevede che siano addirittura otto i murales che arricchiranno un quartiere difficile, spesso dimenticato, dove entrare per portare un messaggio di cambiamento è complicato: si è scelto di provare così, con uno dei mezzi forse più diretti e popolari, quello della street art. Napoli è famosa per ospitare opere di strada dei più grandi artisti del mondo, da Banksy ad Ernest Pingnon-Ernest, e il suo centro storico si trasforma sempre di più in un museo a cielo aperto. Un'arte forte, provocatrice, in alcuni casi ritenuta una macchia da strappare via, ma pur sempre un'arte che sa veicolare messaggi importanti, anche se solo con uno sguardo. Napoli ha accolto questo messaggio, e sta portando anche nei posti meno frequentati dai turisti, nei luoghi popolari di vita vissuta, l'arte di strada: l'ampio progetto, promosso dall'Unar e dall'Anci insieme con il Comune di Napoli e l'Osservatorio di Ricerca e Sviluppo della Creatività Inward, ha permesso ad alcuni fra gli street artist più famosi in Europa di rendere gli enormi palazzoni popolari delle periferie delle tele, sulle quali lasciare il loro importante messaggio. Ma non finisce qui: anche dove le istituzioni non sono riuscite ad arrivare, la street art sembra essere sentita come una necessità di comunicare un'identità peculiare, forte, come sa essere solo quella napoletana. Ed è così che è nata Parthenope, un'altra splendida opera realizzata stavolta in uno dei quartieri del centro storico, Materdei, per iniziativa degli stessi abitanti.
Il distretto della creatività urbana
Lo scorso maggio è apparsa sui muri di una palazzina di via Argine, a Ponticelli, una splendida bambina con gli occhi "color di foglia", che sembra guardare in avanti con sguardo serio ma speranzoso. L'opera è stata realizzata da uno street artist napoletano di origini olandesi, già famoso in tutta Europa per i suoi ritratti realistici ed emozionanti, Jorit AGOch. L'immagine è alta più di venti metri, e sovrasta un quartiere dove sette anni fa venne dato alle fiamme un campo rom: Ael, questo il nome della bambina di Jorit, Ael che in lingua romani vuol dire "colei che guarda il cielo". L'opera porta, significativamente, il titolo di una famosa canzone di Enzo Avitabile, "Tutt'eguale song ‘e criature": portare attraverso i colori e l'arte un messaggio importante, come quello dell'inclusione sociale, può sembrare una piccolezza, una cosa di poco conto rispetto al grande sforzo che c'è da fare ogni giorno nelle periferie (ma come anche nel cuore delle grandi città) per combattere le emarginazioni, di qualsiasi tipo, e le violenze. Invece è proprio attraverso lavori di questo tipo che si entra più a fondo nel pensiero delle persone, perché chiunque, dai bambini agli anziani, alzando gli occhi verso Ael si chiederà, almeno, il perché del murales. Di questo è convinto anche Jorit AGOch, che ha detto:
Ho maturato un'intensa esperienza di volontariato creativo in giro per il mondo, vivendo presso culture e civiltà altre da paradigmi e parametri occidentali. Ciò ha fatto sì che si formasse in me, a poco a poco, la certezza che ogni diversità sia da superare, nel verso della nostra universale appartenenza alla grande tribù umana. Da allora, e soprattutto dai viaggi in Africa, qualsiasi sia la provenienza del soggetto dipinto sui muri delle città del pianeta, ogni mio volto riporta il segno di un rito pittorico, che rifonde l'individuo celebrato nel principio assoluto dell'uguaglianza.
Al lavoro di Jorit è seguita una riflessione sull'importanza di comunicare con la gente del quartiere attraverso l'arte: dunque, quasi immediatamente, è apparso un altro significativo murales nelle strade di Ponticelli, stavolta nel Parco Merola. L'opera è firmata da Zed1, alias Marco Burresi, e stavolta riflette la necessità di difendere i bambini e il loro diritto al gioco. Non un gioco qualsiasi, ma un gioco 2.0: Zed1 ha infatti rappresentato un burattino, simbolo della tradizione, aggrappato tenacemente ad un joystick, emblema del progresso tecnologico che ha alienato anche il rapporto più genuino che c'è, quello con i propri sogni e la propria fantasia. "A pazziell ‘n man' e criature", questo il titolo del murales, riflette sui bambini della generazione di Internet, che crescono tra social network e smatphone, dimenticando un po' anche il legame con le strade e i giochi del passato.
Abbiamo scelto di collaborare ad un progetto di street art perché ci sembra che nel 2015 sia l’espressione artistica migliore per restituire una buona visione del futuro, in grado di toccare più corde dell’animo umano. Ma più di tutto perché si può ragionare in termini di decoro urbano, per abbellire i quartieri e renderli più vivibili. L'idea è quella di associare l’esplosione dei colori all'esplosione della vita. Non è un caso che questo lavoro si realizzi a Ponticelli: è un quartiere bistrattato e dimenticato. Quindi il messaggio va anche a tutti quei ragazzi che hanno raccolto questo colore e hanno iniziato a vivere il territorio,
ha dichiarato a riguardo Pasquale Russo, presidente Rotary Club Campania Napoli, che ha partecipato al progetto.
Chi ama non dimentica, ma anche, potremmo dire, chi viene amato non viene dimenticato. Questo il significato della terza opera di Ponticelli, realizzata dai siciliani Rosk e Loste. Due ragazzini che scendono nel campetto polveroso del quartiere per la quotidiana partita a pallone, uno con la maglia del Napoli, uno con quella dell'Argentina: simboli di quella stagione piena di vita e speranza che la città ha vissuto all'epoca di Maradona. "Chi è vulut bene, nun s'o scorda": chi è voluto bene, chi non viene abbandonato, non se lo dimentica.
Parthenope rinasce a Materdei
Anche quando la street art non è direttamente promossa e voluta dalle istituzioni, come accade a Ponticelli, il quartiere si risveglia e rivive attraverso i colori: è quello che è accaduto a Materdei, storico quartiere nel centro di Napoli, dove i cittadini stessi hanno finanziato la realizzazione di un coloratissimo murales ad opera dell'artista argentino Francisco Bosoletti. Il progetto, partito dal basso, ha visto una serie di assemblee in piazza e di eventi legati alla rassegna "R_estate" che si svolge a Materdei, e gli abitanti hanno deciso di sostenere il progetto con sottoscrizioni e raccolte fondi per poter realizzare la sfida di portare il colore nel quartiere. L'artista ha scelto di rappresentarla con le ali, come vuole la mitologia greca, bruna e seducente, quasi come se fosse una geisha napoletana. La Parthenope di Bosoletti regna oggi sulla facciata di un palazzo di Salita San Raffaele n.3, fortemente voluta dal quartiere grazie al comitato "Materdei R_esiste", composto da più comunità, collettivi e residenti dell'area: "nel quartiere delle quattro giornate di Napoli da tempo si sperimentano pratiche differenti", hanno detto i rappresentanti del Giardino Liberato, un'altra delle aree abbellite dai lavori di Bosoletti, "nuove forme di comunità, di organizzazione dal basso e di resistenza alla crisi . Gli spazi liberati e occupati rappresentano una ricchezza: la possibilità di intrecciare relazioni al di là delle logiche di profitto, di affermare cosa vuol dire diritto all'abitare, di scambiare competenze e saperi senza creare poteri. Si afferma la bellezza come essenziale per il cambiamento e come valore rivoluzionario".