A Bonaccini contestati 4mila euro in cene, ma lui non lascia le primarie Pd
Circa 4mila euro incassati per pranzi, cene e spostamenti in 19 mesi di attività da consigliere regionale in Emilia Romagna. Sono questi i rimborsi contestati a Stefano Bonaccini, uno dei principali candidati alle primarie del Pd in Emilia Romagna e coinvolto nell'inchiesta sulle spese pazze al consiglio regionale. La cifra è stata confermata dallo stesso Bonaccini che, indagato per peculato dalla Procura di Bologna, è stato ascoltato dai pm del capoluogo emiliano questo pomeriggio. Nel corso dell'interrogatorio durato oltre tre ore, Bonaccini, accompagnato dal suo legale Vittorio Manes, ha dato la sua versione dei fatti. Era stato lo stesso esponente del Pd, con un'istanza avanzata martedì dal suo avvocato, a chiedere di essere ascoltato dai pm Antonella Scandellari e Morena Plazzi che, con la supervisione del procuratore capo Roberto Alfonso e dell’aggiunto Valter Giovannini, indagano sulle presunte spese fuori controllo in Regione.
La difesa punta all'archiviazione
Al termine dell'incontro in Procura, Bonaccini ha rilasciato alcune dichiarazioni nelle quali ha ribadito la volontà di non ritirarsi dalla corsa alle primarie. "Ero sereno prima e lo sono di più adesso. Penso di aver dato spiegazioni per qualsiasi addebito, ho agito correttamente" ha commentato il consigliere, aggiungendo: "Si tratta di spese modeste legate all’attività di consigliere regionale. Si può proseguire con la campagna delle primarie. Ho piena fiducia nella magistratura". Intanto la difesa di Bonaccini è pronta a fare istanza per stralciare dall'inchiesta la posizione del candidato alle primarie, puntando all'archiviazione. "Si tratta di circa 200 euro al mese, domani faremo istanza di archiviazione per consentire a Stefano Bonaccini di proseguire con la massima serenità la partecipazione alla competizione elettorale che lo vede coinvolto" ha spiegato l'avvocato.