
Una delle leggi più antiche dell’intrattenimento dice che bisogna dare al pubblico quello che si aspetta. Una collaborazione tra i Pinguini Tattici Nucleari e Max Pezzali, per esempio. Per capirlo, basta leggere i commenti sotto il video di Bottiglie vuote su YouTube o sotto il post che il 7 aprile su Instagram ha annunciato l’esistenza di questo incontro evidentemente molto atteso, dove si sprecano parole come “finalmente”. E in effetti il paragone tra la band della bergamasca e l’artista pavese (due province lombarde diverse per orografia ma molto simili per il resto) viene da lontano, e si è fatto insistente come un leitmotiv quando i ragazzi di Pastello bianco hanno cominciato a riempire gli stadi. Da venerdì 11 aprile quei ragionamenti e quelle speranze si sono avverati in un duetto che sembra troppo giusto per essere vero. Spiegare come mai la voce di Max Pezzali calzi a pennello dentro Bottiglie vuote, quindi, è quasi un esperimento di psicologia delle masse. Ma partiamo dalle basi.
Se andassimo a spulciare la scrittura di Zanotti e quella di Pezzali, il sound dei PTN e quello degli 883, troveremmo più differenze che somiglianze. Nella visione dei bergamaschi c’è una coralità, che si misura contando non solo i sei componenti della band, ma anche i produttori che hanno stretto sodalizi duraturi e fortunati con loro, come Giorgio Pesenti (aka okgiorgio) e Marco Paganelli, che di Bottiglie vuote e molti altri brani sono co-autori con Riccardo. Questo approccio si manifesta in arrangiamenti e produzioni che sembrano semplici ma sono ricchi di elementi a supporto, fitti di voci, ear candy e momenti in cui ogni componente del puzzle ha un istante di gloria.
A questo si contrappone il punto di vista assolutamente singolare e personale di Max, che ha modellato il suo suono e la sua scrittura sostanzialmente da sé: così, dalle produzioni scarne degli esordi fino alle successive forme pop della maturità, notiamo una musica che sta a supporto, che non disturba e non ruba mai i riflettori al canto. Ed è vero che entrambi i frontmen sono due autentici nerd del pop, smanettoni che hanno acquisito familiarità con le forme e le sostanze della canzone di successo mettendoci le mani dentro: ma Pezzali lo faceva in un momento di scoperta quasi pionieristica e carbonara delle drum machine e della contaminazione con i linguaggi dell’hip-hop; Zanotti lo fa in un contesto di piena accettazione delle commistioni, dove se una canzone può tenere il piede in più scarpe lo farà, usando tutti i trick e gli hack della produzione digitale per raffinare un pezzo con grandissima professionalità.
La differenza tra un autodidatta e un diplomato, insomma. E se Max alla fine degli anni ‘80 guardava all’America marginalizzata e attualissima dei Public Enemy, Riccardo è cresciuto con il classic rock inglese che era già preistorico. C’è anche la questione lirica: un verso come “In questo cielo dipinto di nero Anish Kapoor” difficilmente sarebbe comparso in un testo di Astronave Max o Il mondo insieme a te, perché il citazionismo spinto non fa per Pezzali. Ciononostante, se tanti fan di entrambi hanno notato una sintonia di fondo tra due progetti che suonano così diversi, una sintonia di fondo deve esistere. E c’è, ma non qua dentro.
Piuttosto, sta nel modo di raccontare i fatti e in chi se ne fa carico. Il fatto stesso che molte canzoni di entrambe le discografie abbiano un’impostazione narrativa, con prologo – sviluppo – finale, accomuna Max e Riccardo (e molti altri, a dire il vero). Ma soprattutto, entrambi mettono quasi irrimediabilmente a centro scena un anti-eroe, talvolta un vero e proprio inetto, più spesso un underdog che in un mondo di John e di Paul si sente Ringo Starr.
C’è poi una questione di contesto in cui queste storie hanno luogo, cioè situazioni normali, cene di classe e viaggi verso le vacanze, fine settimana agognati e momenti di stress lavorativo: qualunque ascoltatore può immedesimarsi nella scena descritta in Bottiglie vuote (una località marittima quando le vacanze sono finite) e nella simbologia che rappresenta (la fine di una fiaba, di un rapporto, di un’aspirazione). Questo punto di vista terra-terra – un incontro per strada o al supermercato che dischiude un’illuminazione – accomuna chi canta e chi ascolta, fornisce un senso di familiarità che nel pop è essenziale. Anche quando visitano posti lontani, che sia l’Islanda o la California, Max e Riccardo presentano i luoghi per quello che sono: eccezionali, inaccessibili ai più e quindi degni di stupore. Tutt’altro rispetto alla nonchalance di chi passa dal quartiere a Dubai in un battito di ciglia, puntando sull’aspirazione e l’ammirazione, nel migliore dei casi.
Dentro questo confortevole déjà-vu lirico, però, sia la musica dei Pinguini sia quella di Pezzali giocano da maestri nel ribaltare le attese. "Io non ti prometto", iniziava una canzone siglata ancora 883 che, tuttavia, racchiudeva la più fondamentale delle promesse: "Io ci sarò". Allo stesso modo, pur nel suo giro armonico quadrangolare e nella sua struttura prevedibile strofa-ritornello-bridge Bottiglie vuote è costellata di piccole sorprese: la rima scontatissima “mare” – “volare” che sembra intrecciarsi a un “più” – “dipinto di blu”, e invece introduce un “nero Anish Kapoor” che tira via il tappeto da sotto i piedi, riuscendo anche a dare la tonalità giusta per la mestizia sottesa alla scena. Le canzoni di entrambi i co-protagonisti di questo singolo sono piene di dettagli controintuitivi: relazioni che si regolano secondo leggi calcistiche così come lacrime che vengono reinserite nelle pupille (tecnicamente non scendono da lì, ma possiamo concedere una licenza poetica).
E infine, Pezzali così come i PTN condividono una caratteristica fondamentale, che ci riporta al punto di partenza: non tradiscono le aspettative di chi li ascolta, ma anzi le incontrano esattamente a metà strada. Fai caso al bridge del brano (“Noi figli della luna, etc.”), la parte in cui la voce di Max ha modo di farsi notare di più: il crescendo ritmico del passaggio, che sembra andare al doppio della velocità, potrebbe provenire da un canzone di Pezzali, magari una delle molte influenzate dalla dance. Il pubblico ha avuto ciò che si aspettava.
Come i più grandi successi commerciali dell’industria alimentare (che so, la Coca-Cola) che funzionano perché ogni prodotto ha esattamente il sapore che ci si aspetta, così Bottiglie vuote con Max Pezzali non tradisce il gusto che il brano aveva in origine, quando fu pubblicato a dicembre dentro l’album Hello World. L’aggiunta di un ingrediente non cambia il risultato finale, ma contribuisce a invogliare l’ascoltatore a provare a “stappare” – tanto più perché con lo streaming è quasi gratis.
Non mi sembra un caso che, durante una puntata del podcast di Gianluca Gazzoli Passa dal BSMT, Zanotti abbia confessato di aver convinto Pezzali condividendogli una versione del brano in cui la sua voce era stata sostituita con quella del collega più veterano usando un deep fake audio con intelligenza artificiale. L’entusiasmo per la “buona riuscita” di quell’esperimento da parte di Pezzali l’avrebbe convinto ad andare in studio con i Pinguini.
Nessuno scarto rispetto alla linea maestra, nessun rimorso. Anzi, proseguendo il suo intervento l’artista immagina un futuro in cui ogni sembianza sonora e stilistica di una voce celebre verrà digitalizzata, protetta con un watermark e prontamente distribuita all’occorrenza quando sarà richiesto un featuring. In un tempo di grandi incertezze (alcune provocate dagli stessi multimiliardari che investono in questo genere di IA), la sicurezza di sapere già quale messaggio troverai dentro la proverbiale bottiglia vuota può essere di conforto. D’altronde, ricordiamo quando eravamo “felici come Pasque del 2020”? Quest’anno sei già certo della “sorpresa” che troverai dentro l’uovo: Max Pezzali e i Pinguini Tattici Nucleari che ci convincono che, mentre tutto intorno cambia, qualcosa resta immobile e rassicurante.
