
Brunori non è arrivato al Festival di Sanremo come uno sconosciuto, non come Lucio Corsi, per esempio, artista che aveva un suo pubblico ma il cui nome non era noto al grande pubblico. Brunori, dopo una gavetta lunghissima e album e canzoni che hanno segnato una generazione di ascoltatori, infatti, a Sanremo ci è andato da vero Big, da artista che riempiva i palazzetti solo grazie alla sua musica. Il Festival, come ha detto il suo manager Matteo Zanobini a Fanpage, serviva soprattutto per dargli "una consacrazione popolare che non può avvenire in nessun altro modo che andando a Sanremo, perché non esiste nessun'altra attività, anche massiva, che tu possa fare che ti dà la risposta del Festival".
E da vero Big sta affrontando il suo nuovo tour nei Palazzetti che ieri è approdato al Palapartenope di Napoli, con sei mila persone – sold out – che cantavano a memoria tutte le canzoni del suo repertorio, dalle prime a quelle del suo ultimo album L'albero delle noci, che prende il nome dalla canzone classificatosi al terzo posto sul palco dell'Ariston. "Brunori è troppo derivativo!" dice, ridendo, lo stesso artista nel backstage del palazzetto partenopeo, scherzando con alcune persone che avevano l'ambitissimo braccialetto rosso che permetteva di incontrarlo dopo il concerto. Brunori usa il ribaltamento di senso di una frase che ha sentito, evidentemente in queste settimane, per fare autoironia, confermando la stand up come una delle sue migliori caratteristiche.
Ma in questa frase si nasconde qualcosa di importante, perché dentro c'è chiaramente un riferimento ai grandi che il cantautore ha ascoltato negli anni e, per esempio, aleggia il nome di De Gregori quando si parla dei grandi che lui ha amato. E possiamo dire che Brunori – che definivamo, confermandolo oggi, tesoro pop della musica italiana – è per molti giovani quello che De Gregori è stato negli anni 70, ovvero un riferimento cantautorale che mescolava impegno a melodie che si fissavano in testa, ma senza mai perdere la voglia di raccontare storie personali e l'amore. Non è facile riuscire a costruirsi un catalogo che spazia così tanto, riuscendo a rimanere coerente sempre.

Perché Brunori, per citare solo le canzoni in scaletta in quest'ultimo tour, è Guardia 82 ma anche Kurt Cobain, è Al di là dell'amore ma anche L'albero delle noci, è Il pugile (con cui comincia il concerto ed è anche la prima canzone del primo album) e Canzoni contro la Paura, La Verità e Come stai, è l'artista in grado di scrivere una murder ballad come Colpo di pistola e, al contempo, quello capace di inserirsi nel filone di coloro che cantano la Luna (Luna nera), parlare di genitori e figli parlando a genitori e figli. Ed è vero che Sanremo è stata la consacrazione di una carriera che non aveva bisogno del Festival, ma che nel Festival ha trovato, veramente, la consacrazione: era giusto che quante più persone possibili potessero ascoltare le sue canzoni e Sanremo, negli ultimi anni, ha ritrovato quel fuoco, tornando a essere anche vetrina principale per la musica italiana.
E queste sue capacità di cantautore contemporaneo le si vedono anche nei concerti, che sono esattamente quello che ti aspetti da Brunori, singalong di canzoni molto belle, con quegli arrangiamenti di fiati che live fanno venire i brividi, ma anche la capacità di scherzare con momenti collaudati e altri di piena stand up, assieme al pubblico. Con il disvelamento dei meccanismi degli spettacoli live, dall'affetto per il pubblico della città in cui si trova, al contratto firmato per fingere di andare via dopo una canzone come se fosse l'ultima e poi farsi richiamare sul palco per il bis. Ma non è solo show, perché come Napoli gli ha dedicato più volte dei cori, Brunori ha siglato il suo legame con Napoli raccontando come Fin'ara Luna, canzone in dialetto cosentino presente nell'ultimo album, debba molto al Pino Daniele di Cammina cammina e Alleria. Perché Brunori è l'artista della sua generazione che più di tutti è stato in grado di mantenere l'eredità del miglior cantautorato italiano, riuscendo, però, a togliersi dalle spalle la polvere.
