Migranti, il caso della nave Vos Triton: Adam vince la causa contro il governo italiano

Adam è sceso dalla scaletta di un aereo di linea ieri a Fiumicino, indosso gli stessi vestiti da mesi e in mano solo la sentenza che dichiara la sua vittoria: “…in accoglimento dell’istanza cautelare, ordina al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e all’Ambasciata d’Italia a Tripoli (Libia), in persona del legale rappresentante, il rilascio urgente del visto d’ingresso per motivi umanitari in favore di A., nato in Sudan il ******, ovvero di provvedere in altro modo ritenuto idoneo a consentire l’immediato ingresso del predetto ricorrente nel territorio dello Stato italiano”, così recita il documento che Adam tiene stretto tra le dita.
È tutto ciò che gli è rimasto dopo quattro anni di detenzione in Libia e due di estenuanti battaglie legali: la riconquistata libertà di movimento, un diritto che a tanti come lui viene ancora oggi negato.
È la notte del 12 giugno di quattro anni fa, quando da Zuara, in Libia, Adam insieme ad altre 170 persone si imbarca a bordo di un peschereccio diretto verso le coste italiane. Aveva abbandonato il Sudan a causa del conflitto in corso nel Paese e raggiunto la Libia sperando in una vita migliore. Ma in Libia ha trovato solo sfruttamento, prigione e torture. Per questo – ha raccontato – non ha avuto altra scelta che fuggire anche da lì.
In Italia, però, non arriva. Dopo 24 ore in mare la barca va in avaria. Nella notte tra il 13 e il 14 giugno, il mare è calmo ma l’oscurità avvolge ogni cosa. In mezzo al buio, l’imbarcazione sovraccarica naviga con difficoltà. Poi, all’improvviso, il motore si spegne. Il panico si diffonde tra le persone a bordo, che chiamano disperate Alarm Phone, la rete di attivisti che monitora le emergenze in mare, la quale avvisa immediatamente le autorità italiane, maltesi, tunisine e libiche. Sono le 00:17 (UTC) quando Alarm Phone viene contattata per la prima volta, seguiranno numerose altre chiamate in cui i naufraghi diranno di aver finito il cibo e l’acqua già dal giorno precedente. Una persona ha una ferita e ha bisogno di cure mediche urgenti. Ad Alarm Phone viene detto anche che diverse donne non stanno bene e che “la gente sta morendo”.
Il peschereccio si trova in acque internazionali, a circa sei miglia nautiche dalla zona SAR maltese, ma ancora sotto la competenza nominale della Libia. Il Centro Nazionale del Soccorso Marittimo italiano (MRCC) conferma di aver ricevuto le comunicazioni, sia da Alarm Phone che da Frontex – il drone di Frontex Heron Shoval è il primo assetto ad avere un contatto visivo con la barca alle 4:30 (UTC) del 14 giugno e che sorvola la barca in cerchio per circa 15 minuti prima di proseguire verso sud. Ma il coordinamento con Tripoli avviene solo diverse ore dopo. Il JRCC (Rescue Coordination Center) libico dichiara di assumere il controllo dell’operazione, senza però confermare l’invio di unità di soccorso.
Nel frattempo, l’MRCC italiano cerca navi mercantili nei paraggi in grado di prestare aiuto. Due di queste, la Vos Triton e la Vos Aphrodite, vengono contattate. La prima dichiara che raggiungerà l’imbarcazione nel giro di tre ore.
Con il passare del tempo, la situazione a bordo del peschereccio diventa sempre più tesa. Quando Seabird, l’aereo della ONG Sea-Watch, sorvola la zona, avvista la Vos Triton ferma a una certa distanza dal caicco di migranti. Alcune persone, prese dalla disperazione, si gettano in mare per cercare di raggiungere il mercantile. L’equipaggio di Seabird cerca più volte di contattare la Vos Triton via VHF marittimo (la radio di bordo delle navi), ma nessuno risponde. Un video pubblicato dall’Ong tedesca su X documenta tutto.

Solo dopo un’ora dal suo arrivo nell’area, la Vos Triton inizia le operazioni di soccorso, legando l’imbarcazione sovraccarica ad una fune riesce a mettere in sicurezza i naufraghi e li fa salire a bordo.
Ma il viaggio non è ancora finito. La nave riprende la rotta, dirigendosi a sud. A bordo, i superstiti iniziano a temere di essere riportati in Libia. Il comandante della Vos Triton informa l’MRCC italiano della crescente agitazione tra i naufraghi. Le autorità italiane ordinano alla nave di fermarsi in attesa di nuove istruzioni. Nel frattempo, la motovedetta libica Zawiya 656 – donata dall’Italia nel 2017 – si avvicina sempre di più. L’equipaggio di Seabird riprova per due volte a chiamare la Vos Triton sul canale 16 per tentare di convincerla a rifiutarsi di consegnare le persone ai libici . Ma non riceve nessuna risposta. Alla fine, la Zawiya 656 raggiunge il mercantile e i naufraghi vengono consegnati a bordo della motovedetta libica, che li deporterà a Tripoli, nello stesso luogo da cui erano fuggiti. Dalla testimonianza di M. – compagno di viaggio di Adam – sappiamo che vengono trasbordati tutti i 170 rifugiati. Nella mattina del 15 giugno 2021 l'imbarcazione arriva a Tripoli. Sempre secondo la ricostruzione di M. i bambini e le donne vengono lasciati al porto senza sapere dove verranno portati, i maschi adulti vengono trasferiti nel campo di Gharyan.
Nel corso dei quattro anni che ha trascorso in Libia dopo il respingimento illegale, Adam ha provato ad attraversare il Mediterraneo 5 volte ed è sempre stato respinto, arrestato e detenuto arbitrariamente nei centri di detenzione di Zawiya e di Janzour, dove ha raccontato di essere stato ripetutamente torturato e maltrattato.
Due anni fa è entrato in contatto con il Josi&Loni Project che ha avviato le indagini sul caso per riuscire a provare la sua presenza a bordo dell’imbarcazione. Grazie alla documentazione prodotta dall’aereo dell’ONG SeaWatch e al materiale archiviato da Alarm Phone, le organizzazioni sono riuscite a ricostruire la vicenda e a raccogliere le prove necessarie. Il 5 febbraio del 2024, con il sostegno del Progetto Sciabaca&Oruka dell’ASGI e di un pool di avvocati e avvocate, Adam chiede alle rappresentanze diplomatiche italiane in Libia il rilascio urgente di un visto di ingresso, a fronte del coordinamento da parte delle autorità italiane dell’illegittima operazione di respingimento in Libia, condotta materialmente dal mercantile Vos Triton e dalla Guardia costiera libica.
Avendo ricevuto il rifiuto al rilascio del visto da parte del Consolato italiano a Tripoli, gli avvocati di Adam presentano ricorso davanti al Tribunale Civile di Roma, con contestuale istanza cautelare, chiedendo l’accertamento del diritto al rilascio di un visto d’ingresso in Italia, previo accertamento dell’illegittimità del diniego opposto dall’Ambasciata d’Italia a Tripoli. L’istanza cautelare viene accolta dal Tribunale, che il 29 novembre 2024 ordina “al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e all’Ambasciata d’Italia a Tripoli il rilascio urgente del visto d’ingresso per motivi umanitari in favore di Adam”.
“L’ordinanza stabilisce un principio importantissimo che scardina una prassi sistematica delle autorità marittime italiane. Queste ultime, nonostante abbiano conoscenza e mezzi per intervenire in soccorso dei migranti in pericolo nel Mediterraneo, per evitare il loro arrivo in Europa favoriscono e spingono le autorità libiche a riportare – anche con la violenza – le persone in fuga in Libia. Questo tipo di intervento, detto ‘respingimento delegato’, è stato finalmente dichiarato illegittimo dal Tribunale di Roma”, ha dichiarato Nicola Datena, legale di Adam e socio ASGI.
Tante altre persone sono oggi nella stessa condizione in cui era Adam fino a qualche giorno fa: JL Project ha identificato in Libia oltre 700 vittime di respingimenti illegali. “Con questa sentenza – afferma Sarita Fratini di JL Project – viene finalmente riconosciuta la regia occulta dell’Italia nel gigantesco sistema dei respingimenti illegali dal mare ai lager libici, non solo quando il nostro paese è direttamente coinvolto come il caso di Asso 29 ma anche quando si limita a segnalare alla guardia costiera libica la posizione dei barchini in pericolo. Questo spalanca la strada ai progetti legali che stanno aiutando le vittime ad ottenere giustizia”.
Il 16.12.2024 l’Ambasciata italiana a Tripoli ha rilasciato il visto di ingresso e ieri Adam è arrivato a Roma dove sarà ospitato presso le sedi di Baobab Experience e potrà presentare richiesta di protezione in Italia
“Siamo molto felici che Adam sia qui, è stato un arrivo molto angoscioso, fino all’ultimo secondo non sapevamo se sarebbe salito su quell’aereo o meno. Ci sono stati rastrellamenti a Tripoli negli scorsi giorni, tanti amici di Adam sono stati presi e portati nelle prigioni. Adesso continueremo a lavorare anche per loro”, conclude Fratini.